S. Cipriano, processo a tre “comunali” per la morte di Luca

Il 16enne si incastrò con la motocicletta sotto una catena Rinviati a giudizio i dipendenti che l’avevano collocata

SAN CIPRIANO PICENTINO. Ci sarà un processo per la morte di Luca Fortunato, stroncato a 16 anni da un incidente stradale mentre stava tornando a casa. Il ragazzo si schiantò tre anni fa in località Campigliano, sbattendo contro una catena apposta per delimitare un cantiere stradale. Ieri il giudice dell’udienza preliminare Maria Zambrano ha rinviato a giudizio i tre dipendenti comunali che le indagini hanno indicato come i responsabili di quella scelta: il capo degli operai municipali Alfonso Citro, che avrebbe provveduto a collocare la catena, e i due funzionari che glielo avrebbero chiesto, Gerardo Di Meo responsabile del servizio tecnico manutentivo e Salvatore Cerino capo dell’area tecnica. L’avvocato della famiglia, Michele Tedesco, ha posto l’accento sull’utilizzo di uno strumento di delimitazione non previsto dal codice della strada, collocato senza alcuna delibera che lo disponesse e senza una idonea sorveglianza sulla segnaletica. Nel decreto che dispone il giudizio il gup parla di una condotta pericolosa, aggravata dalla circostanza che il segnale di divieto di accesso apposto sulla catena era stato rimosso da ignoti e non era stato ricollocato con tempestività. Sarà il processo, che inizierà a maggio, a stabilire quante e quali siano state le eventuali responsabilità. Di certo c’è che da quello schianto Luca Fortunato non riuscì a riprendersi nonostante due interventi chirurgici all’ospedale Cardarelli di Napoli. Morì dopo otto ore di agonia, all’alba dell 28 ottobre 2010, e le prime indagini condotte dai carabinieri si concentrarono subito su quella catena contro cui la motocicletta del sedicenne si era imbattuta quando lui ne aveva perso il controllo. Lì si sarebbe incastrata la ruota posteriore della moto da cross, acquistata da appena un giorno, creando nella ripartenza una sorta di effetto fionda che lo aveva fatto sbalzare dalla sella sbattendolo a terra dopo un volo di alcuni metri. Da allora i familiari convivono con un dubbio tremendo: il sospetto che se quell’ostacolo non ci fosse stato il loro ragazzo sarebbe potuto restare in vita e la loro vita non sarebbe stata stravolta.

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