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Ruggi: tangenti e furbi in corsia

Dura "requisitoria" dei vertici della Corte dei Conti Campania sul malaffare della Sanità

NAPOLI. «Ho saputo dei continui furti di farmaci costosissimi in alcuni presidi ospedalieri campani; farmaci anche di elevatissimo valore, da 25mila euro a dose che venivano custoditi come fossero pacchetti di aspirina...». Mancano pochi minuti all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti della Campania. Il procuratore Michele Oricchio anticipa così quello che sarà il nucleo centrale della relazione che leggerà il presidente Michael Sciascia. Oltre duecento pagine, almeno la metà dedicate al tema della Sanità Campana. Un nodo irrisolto della voragine della spesa pubblica regionale. Dove si annidano malaffare e corruzione. Qualcosa si sta facendo per rimuovere il macigno dei debiti che hanno pesato e pesano «sulla stessa funzionalità della tutela della salute pubblica in Campania», scrive Sciascia. Il commissariamento ha consentito «un percorso virtuoso che è stato finalmente avviato attraverso scelte più accurate» per superare le criticità degli anni passati». Che il vento sta cambiando lo assicura anche il presidente Vincenzo De Luca: «Abbiamo istituito un ispettorato regionale in materia di Sanità che prima non c’era – afferma il governatore – stiamo per chiudere un protocollo d’intesa con la Guardia di Finanza per un maggiore controllo contro gli sperperi. Ai nuovi dirigenti appena nominati abbiamo affidato un compito preciso: attenzione ai bilanci, rendicontare tutto con la massima trasparenza. Lo so – dice – che tocchiamo un settore rischioso, ma dobbiamo farlo».

La corruzione in corsia. Per il presidente Sciascia per evitare il ripetersi dei disastri nel settore della sanità campana, «bisogna realizzare in primo luogo un efficiente – ed economico – sistema dell’emergenza, ed in secondo luogo vigilare costantemente sulle strutture accreditate ed in primo luogo sui centri di riabilitazione. Per Sciascia, nel 25esimo anniversario dell’avvio delle inchieste di “Mani pulite” , «la corruzione è il vero cancro della società», che va contrastato e sradicato «senza indugio e senza sconti». «La Commissione Europea – scrive il presidente – nella sua relazione sulla corruzione del 2014, stimava i costi diretti totali in Italia della corruzione in 60 miliardi di euro all’anno, pari a circa il 4% del Pil, attribuendo così al nostro paese il 50% dei costi della corruzione in Europa, stimati in 120 miliardi di euro annui, pari all’1% circa del Pil europeo. Nell’ambito dei 60 miliardi stimati, Ispe-Sanità, nel suo libro bianco del 2014, calcolava il tasso medio di corruzione nella Sanità in circa il 5,59%, con un intervallo tra il 3,29% ed il 10%; considerato che la Sanità vale circa 110 miliardi annui, si arriva ad un importo di circa 6 miliardi annui che, se sommati agli sprechi ed alle inefficienze, divengono circa 23 miliardi annui. E la situazione non appare certo migliorata dal 2014». Il fenomeno, quindi, della corruzione in Italia, «e segnatamente nella Sanità, assume proporzioni preoccupanti, specie nel settore degli appalti e dei farmaci; e non solo».

Il caso “Ruggi” di Salerno. Nel caos della Sanità campana anche Salerno si è ricavato il suo spazio poco onorevole. E lo ha fatto con l’inchiesta aperta dalla procura sui “furbetti del cartellino” all’ospedale “Ruggi”. Il procedimento contro decine di dipendenti è ancora aperto. Ma in un’ordinanza della Corte si legge che «appare sufficientemente provato che i dipendenti (quelli la cui posizione è giunta all’esame della magistratura contabile, ndr) dell’Azienda ospedaliera, abbiano tenuto comportamenti lassisti, in totale dispregio degli obblighi di servizio. L’incrocio tra le risultanze degli appostamenti di videosorveglianza e i rilievi effettuati in sede di pedinamento, ha consentito l’agevole conclusione che i convenuti hanno preordinato e recidivato condotte assenteistiche, senza alcuna giustificazione relazionata all’adempimento delle mansioni ovvero a presunti ordini di servizio dei quali non v’è prova». Per i “furbetti”, oltre al danno erariale, si prefigura anche la contestazione del danno all’immagine. Non di minor gravità l’indagine relativa alla gestione del reparto di Neurochirurgia del “Ruggi”. Qui, secondo le indagini, «taluni medici, tra cui il primario facente funzioni, effettuavano prestazioni in apparente regime di intramoenia, ricorrendo in luogo della normale procedura di prenotazione e pianificazione dell’intervento chirugico, al pagamento di un corrispettivo in denaro, in nero, che non versavano nelle casse del predetto nosocomio. È stata enucleata una triplice partita di danno erariale patrimoniale, non patrimoniale e da disservizio che si quantifica in 566mila euro».

Il bubbone rifiuti. Anche sul delicato tema dei rifiuti e dei fondi stanziati per risolvere il problema della “terra dei fuochi” la Corte ha deciso di fare chiarezza. Perché «tutte le ingenti spese determinate» dal disastro ambientale degli ultimi anni «dovranno essere rimborsate da coloro che l’hanno consentito, non è giusto che siano pagati dai contribuenti, devono essere pagate da chi le ha determinate», dice Sciascia. «Se il controllo del territorio fosse stato almeno decente – aggiunge – non ci sarebbero stati fenomeni di questa gravità. Non siamo di fronte a una discarica che può sfuggire, ci troviamo di fronte a un territorio inquinato di ampie proporzioni. Dobbiamo individuare chi era tenuto ad agire e non ha agito, potrebbero essere i sindaci, ma vanno individuate con attenzione le responsabilità per evitare la caccia alle streghe». Per lo specifico settore delle discariche la Corte ha stimato un danno erariale per oltre 3 milioni di euro, «a carico tra l’altro dei precedenti presidenti della Regione».

I “costi” della politica. Un capitolo a parte della relazione del presidente Sciascia è dedicato ai “costi” della politica. O meglio, le spese allegre coi fondi riservati ai gruppi consiliari. Ñel mirirno quelli della Regione. Sono già sei le sentenze di condanna di consiglieri e capigruppo delle scorse legislature, per un danno complessivo di 1,7 milioni. Soldi spesi allegramente in acquisti di cravatte, colombe e uova pasquali, generi alimentari, farmaci, bevande, spumanti, spazi televisivi, materiale informatico, pizzerie, ristoranti, bar, hotel, locazione di stand per partiti politici, collaborazioni ingiustificate, traffico telefonico mobile. Ma non solo in Regione. La relazione della Corte dei Conti segnala che questo andazzo si registra anche nei comuni. E il presidente Sciascia nella sua relazione fa il caso di Cava de’ Tirreni. Anche qui «si è pervenuti alla condanna dei capogruppo per omesso controllo della natura delle spese illegittimamente imputate dai singoli consiglieri». Soldi spesi per «cellulari, pc, notebook, ristoranti».

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