CAOS SANITA'

Ruggi, niente posto: «Riportatelo a casa»

Paziente con distrofia muscolare “parcheggiato” al Pronto soccorso. La moglie: «Lasciato solo, nessuno lo ha aiutato»

SALERNO - Una telefonata e poche parole che hanno avuto l’effetto di far piombare un’intera famiglia nella confusione: «Signora, venga a prendere suo marito perché non potremmo fare altro che tenerlo qui per altri tre giorni senza poter intervenire in alcun modo ». La chiamata in questione arriva dall’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno e il contenuto non presuppone grosse alternative. Così, la signora è andata a prendere il consorte affetto da una forma di distrofia muscolare e lo ha per forza di cose riportato a casa dove adesso sono nuovamente soli a combattere contro l’incombere delle eventuali complicazioni legate alla patologia. L’uomo era stato portato al Pronto soccorso dal momento che, così come rilevato dal medico a bordo dell’ambulanza, i rantoli e le condizioni respiratorie insieme a un contesto generale già delicato e aggravato da un precedente ricovero per una polmonite bilaterale (non causata però dal Covid) e dai problemi legati all’incombere della distrofia non lasciava intravedere altra possibilità.

«Da quando è arrivato racconta sua moglie a margine della vicenda - è rimasto praticamente parcheggiato lì. Io speravo che, una volta constatata la situazione, lo avrebbero ricoverato in un reparto per offrirgli cure idonee, invece mi hanno chiamata dicendomi che doveva essere riportato a casa. E, così come mi ha riferito, per tutta la giornata che ha trascorso gli è stata fatta soltanto una radiografia. Ha chiesto di essere dissetato ma lo guardavano e tiravano dritto. E non sto qui a descrivere le urla che si sentivano di persone completamente abbandonate ». E, paradossalmente, il signore è stato anche fortunato perché ci sono stati casi di pazienti, anche affetti da disabilità, lasciati al Pronto soccorso dell’ospedale salernitano per quasi una settimana prima di trovare posto in reparto senza che ricevessero alcuna cura.

In molti casi, stazionando sulle barelle improvvisate lasciate dagli operatori del 118 mentre all’esterno di reparti si trovano altre barelle abbandonate che nessuno si preoccupa di riportarle al Pronto soccorso. Puntualmente, scatta una serrata ricerca - letteralmente reparto per reparto quando il numero degli ingressi diventa superiore alla disponibilità del momento. Tra l’altro non si tratta degli unici problemi. Ad esempio, sulla scia dell’emergenza, anche l’attività di pulizia rischia di non essere così approfondita. Problemi di organizzazione e sistemici che, nel caso di un ospedale come quello di via San Leonardo, hanno pesanti ripercussioni sulla vita delle persone, causando disagi che in molte circostanze faticano ad essere attutiti.

«Alle fine di tutto - considera la signora - mi trovo, come sempre, abbandonata da tutti. Nella mia vita come in quella di chi affronta una malattia come la distrofia si abbattono già dei grandi problemi ma ciò che fa male è trovarsi ad affrontarli in completa solitudine e senza nemmeno il sostegno delle istituzioni sanitarie. Anche per avere l’aiuto di un operatore sanitario dobbiamo pagare di tasca nostra e siamo una famiglia monoreddito», denuncia amareggiata la donna.

Eleonora Tedesco