Salerno

Rivoluzione Carisal, in minoranza gli enti

Con un colpo di mano ridotta la rappresentanza di Comune, Provincia e Camera di commercio nella Fondazione

SALERNO. È guerra tra Fondazione Carisal e Comune, Camera di commercio e Provincia. A scatenare la bagarre istituzionale è la decisione della Fondazione di dimezzare la partecipazione numerica dei rappresentanti degli enti nel Consiglio d’indirizzo. Una decisione presa quasi di nascosto, senza avvisare nessuno e scoperta per puro caso dagli interessati. Quasi un golpe, dai risvolti misteriosi che ha decisamente indispettito il sindaco Enzo Napoli e i presidenti di Camera di commercio e Provincia, Andrea Prete e Giuseppe Canfora. Che, prima di disotterrare l’ascia di guerra hanno cercato di percorrere la via diplomatica, inviando l’altro ieri, poco prima che si svolgesse l’assemblea incriminata, una lettera al presidente della Fondazione, Alfonso Cantarella.

Nella missiva si chiedeva, in zona Cesarini, una «preventiva concertazione», tenuto pure conto, oltre che dell’importanza della modifica statutaria anche di presunte «cause di decadenza/incompatibilità di alcuni dei membri del Consiglio». Il tentativo in extremis, tuttavia, si è rivelato inutile, in quanto la “riforma” è passata lo stesso, votata da 6 membri del Consiglio d’indirizzo, tra cui anche qualcuno indicato dagli enti che, più di tutti, pagheranno, in termini di rappresentatività, la diminuzione delle poltrone. In pratica il Consiglio d’indirizzo da 11 membri viene ridotto a 6, più 2 nominati con bando pubblico. E la Camera di commercio si vede ridurre la propria partecipazione da 3 a 1 componente, come il Comune e Provincia che da 2 passano a 1, mentre mantengono 1 seggio l’Università, la Curia e il Centro sportivo italiano. Tradotto in soldoni adesso Comune, Camera di commercio e Provincia non hanno più la maggioranza (7 su 11) ma sono stati ridotti ad un ruolo marginale. Appena si è materializzato lo sgarbo istituzionale si è scatenata la controffensiva degli enti di fatto esautorati, che promettono non solo battaglia ma pure d’inviare gli atti alla Corte dei conti e, nel caso fossero ravvisate pure irregolarità penali, anche alla Procura. «Siamo stati brutalmente destituiti – evidenzia Prete – e poche persone si sono impossessate della Fondazione e del suo patrimonio. Altrettanto grave è che i nominati dagli enti, anche se messi lì dalle precedenti amministrazioni, abbiano votato contro le stesse istituzioni che li hanno indicati come loro rappresentanti. Un atto quest’ultimo che io assimilo ad un tradimento». Meno diretto è il presidente della Provincia Carfora, che più che la spada usa il fioretto per lanciare qualche stoccata. «Questo è un gioco – rivela – che ho già vissuto sulla mia pelle. In politica, purtroppo, l’etica è stata completamente smarrita». Battagliero è pure il primo cittadino Napoli che parla di «colpo di mano». «La Fondazione nasce – evidenzia Napoli – con la missione di offrire stimoli e opportunità al tessuto sociale. Il vincolo del mandato, invece, è quello di servire il territorio e non, al contrario, di eliminare presenze ingombranti. Siamo stati trattati in modo scortese ed è venuta meno una civiltà di rapporti». «Noi non possiamo assolutamente consentire – aggiunge Napoli – che le istituzioni vengano privatizzate. Al contrario devono essere libere e trasparenti. Invece in questo modo sembra quasi che si vogliano sbarazzare di qualche censura e controllo per avere le mani libere. Per fare cosa? Vedremo e saremo vigili». L’operazione portata a termine dal Consiglio d’indirizzo, tuttavia, non è una novità. Già un paio di anni fa, infatti, stavolta col silenzio assenso degli enti, sono state apportate delle modifiche allo Statuto, tra cui la proroga della presidenza della Fondazione fino al 2020.

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