Rito abbreviato per Marta Santoro

L’ex comandante della Forestale di Capaccio, ora ai domiciliari, ha riconosciuto i sedici capi d’accusa

CAPACCIO. Rito abbreviato per Marta Santoro. Nessun patteggiamento della pena per l’ex comandante della Forestale di Foce Sele, accusata di concussione, tentata e consumata, per la quale il pm Maurizio Cardea della Procura di Salerno, titolare dell’inchiesta, ha chiesto una pena di almeno cinque anni. Nei prossimi giorni sarà fissata l’udienza. Il giudizio immediato previsto per l’8 febbraio è stato annullato. Il collegio difensivo costituito dai legali Antonio Zecca, Angela Nigro e Antonello Natale punta ad ottenere una pena inferiore ai cinque anni. Da qui il mancato accordo sul patteggiamento.

La Santoro ha riconosciuto i sedici capi di imputazione contestati dall’accusa. Le ammissioni durante l’ultimo interrogatorio avvenuto in carcere nei giorni scorsi. La collaborazione con gli inquirenti ha consentito all’ex comandante della Forestale di ottenere lunedì gli arresti domiciliari con l’accoglimento della richiesta, avanzata dai legali, da parte del gip Renata Sessa, che ha sostituito la custodia cautelare in carcere con un provvedimento meno restrittivo. La Santoro ha scelto come dimora l’abitazione a Giungano.

Sedici i casi in cui la Santoro ha ammesso di aver chiesto delle tangenti con la promessa di non procedere con un sequestro, e quindi omettere dei controlli o dare la possibilità di utilizzare dei beni già sequestrati. Nell’ultimo interrogatorio ha riconosciuto i fatti rispetto alle ammissioni parziali precedenti. L’ex comandante infatti, aveva riconosciuto le proprie responsabilità solo per otto dei sedici capi di imputazione scattati dopo le testimonianze di altrettanti imprenditori, che hanno dichiarato di aver avuto richieste di somme di denaro in alcuni casi versate alla Santoro. Nomi e cognomi e circostanze durante le quali si è compiuto il reato di concussione tentata e consumata. Vicende che fanno riferimento sia alla prima che alla seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere, e ad altri casi che non rientrano nell’ambito dei due provvedimenti.

Alla luce degli ultimi sviluppi e delle richieste dei legali, il giudizio immediato previsto per l’8 febbraio potrebbe essere annullato. I reati contestati alla Santoro si sono consumati in un arco temporale di circa tre anni. Tra le richieste di tangenti ammesse dalla Santoro ci sono i casi che vedono coinvolti gli imprenditori Vincenzo Cerrato, titolare del caseificio Granato; i fratelli Chiacchiaro proprietari del complesso “Le Trabe”; il proprietario della ditta “Gregorio marmi” di Agropoli, al quale Santoro avrebbe chiesto 2000 euro pare con la promessa di far ottenere il dissequestro di un fondo. Su quest’ultimo caso, l’unico che vede coinvolto Petillo, la donna ha dichiarato il marito estraneo ai fatti. Altre ammissioni hanno riguardato i casi di Antonio Adinolfi, di Battipaglia, che avrebbe consegnato alla Santoro una mazzetta per evitare il sequestro di una cava; Giovanni Marandino, di Capaccio, destinatario di un provvedimento di sequestro di un fondo; Gaetano Bruno, titolare di una rivendita di materiali edili; Luigi Mainardi per un sequestro di un terreno e Claudio Tambasco, titolare di una ditta edile, entrambi di Capaccio.

Angela Sabetta

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