Rischio sospensione Pronta la proposta per cambiare la legge

Revisione della Severino sullo stop agli incarichi pubblici A breve l’esame in commissione Affari costituzionali

SALERNO. Riavvolgiamo il nastro. Torniamo indietro al 21 gennaio scorso, quando l’allora sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, fu condannato dai giudici del Tribunale ad un anno per abuso d’ufficio. La pena fu sospesa, ma la condanna in primo grado fece scattare la tagliola della legge Severino, che vieta l’esercizio di cariche pubbliche per 18 mesi. De Luca ottenne dopo pochi giorni, dal presidente della sezione di Salerno del Tribunale amministrativo, la sospensiva della sospensione (scusate il bisticcio di parole), ma di recente il suo avvocato ha ritirato il ruolo per cui non c’è stata una discussione di merito. Nel frattempo, infatti, De Luca è stato dichiarato decaduto dalla carica di sindaco per effetto di una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Salerno per la nota vicenda del doppio incarico (di sindaco e sottosegretario) all’epoca del Governo Letta. Sentenza contro cui ha presentato ricorso in Cassazione. Al momento, dunque, il divieto di esercitare cariche pubbliche per 18 mesi è ancora valido.

E arriviamo a domenica primo marzo, giorno in cui, dopo quattro mesi di strenua resistenza alle richieste che provenivano dai vertici nazionali del suo partito, De Luca non solo ha partecipato alle primarie di coalizione (il codice etico del Pd non prevede alcun divieto nel caso di una condanna per abuso di ufficio), ma addirittura le ha vinte.

L’ex sindaco, quindi, ha ottenuto dalle primarie quella legittimazione popolare ad essere il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione, alle elezioni del 10 maggio prossimo, che gran parte del Pd campano e nazionale non voleva attribuirgli.

Le primarie, però, non risolvono il problema del divieto dell’esercizio di cariche pubbliche per 18 mesi. È evidente che ci troviamo di fronte al classico “papocchio” all’italiana, di leggi scritte e fatte male. Nel caso specifico, le leggi e anche il codice etico del Pd, partito che annovera De Luca nella direzione nazionale, consentono ad una persona condannata per abuso di ufficio di candidarsi ed essere eleggibile, salvo poi farsi da parte per 18 mesi. Un paradosso a cui un folto gruppo di deputati ha cercato di porre rimedio con la presentazione, fin dallo scorso mese di settembre, di una proposta di legge. Primo firmatario è il deputato salernitano Fulvio Bonavitacola. L’intento è di sanare l’evidente vizio di costituzionalità della legge Severino: il Governo Monti, infatti, aveva sì ricevuto una delega per un decreto legge ma si era spinto oltre, inserendo anche l’abuso di ufficio e le condanne non definitive per i reati di non grave pericolosità (quale l’abuso di ufficio). Ed è questo il vero problema su cui è chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale, a cui si è già rivolto il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

Ora, dopo la vittoria di De Luca alle primarie in Campania, l’argomento torna di attualità perché il Pd non può consentirsi di avere come candidato una “anatra zoppa”. Pertanto è probabile che la proposta di legge per modificare la Severino verrà ripescata. A “la Città” risulta che sarà calendarizzata a breve nella Commissione affari costituzionali, presieduta dal forzista Francesco Sisto. La Corte costituzionale, invece, dovrebbe pronunciarsi tra qualche mese, ma non si ha certezza dei tempi.

Un’altra strada per risolvere il problema, e togliere le castagne dal fuoco al centrosinistra in Campania, potrebbe essere quella di un decreto legge, ma è alquanto improbabile che il Governo vi ricorra per motivi di opportunità politica, tranne se il testo non venga approvato prima a larga maggioranza in Commissione affari costituzionali, cosa che garantirebbe poi la copertura parlamentare. Al decreto, però, si ricorre per motivi di urgenza e in questo caso non è detto che sussistano.

In conclusione, nel caso in cui De luca dovesse vincere le elezioni, prepariamoci ad un’altra disputa giudiziaria, con il nostro che sicuramente presenterà un ricorso al Tar sostenendo la tesi che la Regione deve avere un presidente operativo e che questo è l'interesse pubblico prevalente.

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