L'intervista

«Rischi sul web? Tocca ai genitori»

Tonioni, esperto di dipendenza da internet. «Stiamo vicini ai figli sui social»

ROMA. La rete ha provocato una rivoluzione nel modo di pensare e comunicare senza precedenti. Ad affermarlo è Federico Tonioni, direttore del Centro pediatrico interdipartimentale per la psicopatologia da web del Gemelli di Roma.

Una giovane donna si è suicidata. Quale parte di colpa possono aver avuto i social network?

«La comunicazione digitale ci permette di avere a disposizione contenuti che mai avremmo avuto in passato, ma viviamo come in un acquario, la visibilità è moltiplicata. Non senza conseguenze. Ogni volta che, a qualsiasi età, facciamo un’esperienza di vergogna subiamo una sorta di crollo, viene alla luce quello che c’è sotto. Se la struttura è fragile, le conseguenze innescate sono gravi. Con i social network non possiamo controllare chi ci vede, non saremo mai sicuri che chi ci ha visto ci dimenticherà».

Ma dunque i social hanno una responsabilità?

«Tecnicamente la responsabilità rimane a chi diffonde certi contenuti. Dobbiamo far appello al buon senso. C’è chi pensa di acquisire popolarità strumentalizzando l’esperienza di vergogna altrui».

Cosa fare?

«Bisogna circoscrivere la cultura dell’immagine. Il confine tra quello che ci immaginiamo e quello che mettiamo in rete è molto sottile. Le fantasie e il digitale hanno in comune la mancanza di concretezza. Come non posso toccare un corpo in chat, anche nella mente lo posso solo immaginare. La grande differenza è che nell’immaginario posso figurarmi un omicidio ma poi tutto rimane dentro di me, se invece le mie fantasie vanno a finire sui social, le conseguenze possono essere diverse».

Ma in che momento i social diventano pericolosi?

«Il problema non è legato al numero di ore di connessione ma al ritiro sociale. Nel centro del Gemelli ci occupiamo di ragazzi che smettono di andare a scuola e hanno su Internet l’unica loro relazione possibile. Questo non è imputabile ai social network ma a nuove forme di assenza genitoriale. Usiamo videogiochi e smartphone come baby sitter. Ma dobbiamo ricordaci di frapporci tra gli sguardi dei bimbi e gli schermi. Gli adolescenti sono molto meglio di come ce li immaginiamo».

Come possiamo tutelare noi e i nostri figli?

«Stando vicino a loro. I social network di certo non possono essere eliminati. Siamo rimasti indietro noi, non sappiamo come educare i bambini da quando c’è internet. C’è un gap quasi incolmabile in questa generazione tra insegnanti e adolescenti. Tocca a noi adulti colmare la distanza, i figli crescono e non possono andare all’indietro. Dobbiamo imparare a farlo con buon senso all’interno di confini più chiari. Questi confini si strutturano nell’infanzia se un genitore si occupa dei figli».

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