IL COMMENTO

Rimuovere il panico da contagio per evitare conseguenze sul Pil

di Andrea Marino

Mentre gli epidemiologi sostengono che si sta gradualmente spegnendo il focolaio di Wuhan, in Italia siamo nel picco della diffusione e si registrano i primi tamponi positivi in Campania. Chiaramente i fatti hanno confermato che la chiusura dei voli dalla Cina non è stata una misura adeguata a contenere l’emergenza virale che si è trasformata in globale. Soprattutto, cominciato il contagio, abbiamo assistito all’iniziale isteria decisionale del governo, a un bombardamento di notizie che hanno fomentato la paura, mentre la gestione delle emergenze era lasciata nelle mani dei politici locali – pressati da potenziali responsabilità giuridiche o più prosaicamente da imminenti consultazioni amministrative –. Così l’emergenza sanitaria è diventata rapidamente anche economica, sociale e morale. Il panico da contagio ci ha rammentato l’assalto dei forni – oggi dei supermercati – di cui leggevamo in Manzoni o catapultato in un universo che immaginavamo confinato alle serie Tv catastrofiche su pandemie globali. Improvvisamente quella realtà è diventata la nostra quotidianità e non ci siamo scoperti migliori dei personaggi di quei mondi immaginari finendo per impersonare soggetti sociali al tempo delle epidemie.

Ora, però, ritrovato un po’ di equilibrio e stabilita una tregua – armata? – tra governo e governatori, terrorizza la prospettiva delle macerie economiche che il virus lascerà una volta debellato. Inquietano, in particolare, le ricadute sugli operatori turistici che stanno ricevendo continuamente disdette per i prossimi mesi estivi. I tour operator internazionali dirottano gli ordini verso altri paesi, e non è un fenomeno relativo alla sola Lombardia, il bando si sta allargando rapidamente oltre le regioni della “zona rossa”. Per una regione e una provincia come la nostra, a forte vocazione turistica, sarebbe una tragedia, unita alla stagnazione economica che insiste da anni su tanti altri settori produttivi. Anche la politica ha compreso l’emergenza e dopo i primi giorni in cui non è mancata qualche polemica di parte ognuno è stato indotto ad assumere atteggiamenti più cooperativi e razionali. Ha prevalso la percezione che il “tanto peggio, tanto meglio” in questa occasione non avrebbe ripagato, anzi ereditare un Paese o una regione in crisi sanitaria, isterica e tra le macerie economiche non poteva giovare a nessuno.

Alla sfiducia dei governi e degli operatori economici internazionali, che da alcuni giorni impongono quarantene a chi è stato recentemente in Italia, senza troppo distinguere tra le località visitate, la politica locale e nazionale dovrebbe reagire offrendo l’immagine di un Paese che di fronte alle difficoltà si unisce mettendo da parte le polemiche politiche, affidandosi alle competenze degli specialisti e alla capacità di gestire le emergenze della Protezione Civile. In pratica, il recupero di razionalità civica dovrebbe indurre a fidarsi delle competenze scientifiche e di quelle altamente tecniche. Solo così potremmo dare l’impressione di essere pronti a reagire alla crisi sanitaria, arrestare quella psicologica e limitare quella economica.