IL DOSSIER

Rifiuti, ecco il Piano: discarica cancellata

Passa il documento, l’Eda rinuncia allo sversatoio: «Useremo la Futa per bonificare Serre e Campagna». La mappa dei siti

SALERNO - Nessun’altra discarica nel Salernitano. Nel voluminosissimo Piano d’Ambito dei rifiuti, fresco d’adozione da parte del Consiglio dell’Eda, «la» notizia s’intravede per la prima volta alla 144esima di 242 pagine: «Pertanto – si legge – a regime non è necessaria alcuna discarica di servizio per l’Ato Salerno». Contrordine rispetto ai dettami della bozza e del preliminare, documenti nei quali si rimarcava l’esigenza di dotare la più vasta delle province campane d’un mega- sversatoio da 500mila metri cubi da localizzare in futuro. Quel “futuro” è arrivato, e lo staff che ha redatto il Piano (il direttore generale dell’Eda, Bruno Di Nesta, la dirigente tecnica Annapaola Fortunato, i funzionari Emilia Barba, Giuseppe Arcieri, Giuseppe d’Urso, Giuseppe Buonocore e Angela Parente, assistiti da Stella Peduto di Ifel Campania, con la collaborazione di Conai ed Officine Sostenibili) ha trovato una via per scongiurare l’apertura di un’altra discarica.

“Futa” sulle discariche. Lo sversatoio avrebbe dovuto ospitare l’ormai famigerata – a causa delle limitatissime modalità di smaltimento – frazione umida tritovagliata, frutto della lavorazione delle particelle d’organico rinvenute nei sacchetti neri dell’indifferenziata conferiti dai cittadini dei 161 comuni serviti dal Tmb. Non ce n’è più bisogno: il Piano prevede che venga biostabilizzata all’ombra dell’ex Stir (il cui adeguamento è oggetto d’un cospicuo finanziamento regionale) per divenire così parte di rifiuto urbano non destinata a compost (se trattata per meno di tre settimane) o compost fuori specifica (a valle d’un lavorio più lungo). All’esito della raffinazione, sarà prioritariamente utilizzato – come previsto da una delibera di giunta regionale del 2018, che recepisce delle direttive nazionali – per coprire una volta per tutte le discariche chiuse ed esaurite a Macchia Soprana di Serre (occorrono 20mila metri cubi) e a Basso dell’Olmo di Campagna (ne servono 9mila). Ciò che resta sarà sottoposto a digestione anaerobica con valorizzazione energetica ed essiccazione: le risultanze di simili trattamenti potranno essere conferite – alla stregua di quanto avviene già con le ecoballe d’indifferenziato – all’inceneritore d’Acerra. Nel pubblico.

Ciclo senza privati. D’altronde la più dirompente delle novità del Piano d’ambito adottato – che, sulla falsariga d’un Puc, non vuol dire ancora «approvato» – martedì scorso dal Consiglio presieduto da Giovanni Coscia è proprio la predominanza dell’aggettivo «pubblico» sul «privato». In un Ambito territoriale ottimale (ne fanno parte i 158 comuni della provincia e altri tre paesi irpini) che produce 460mila tonnellate annue di rifiuti urbani, l’Eda prevede di smaltirne appena 7.829 nei cosiddetti «impianti terzi». Ossia appena l’1,7 per cento ai privati. Percentuale che potrebbe perfino calare – l’obiettivo a lungo termine è l’azzeramento – laddove la differenziata in materia d’assorbenti, tessili e Raee (rifiuti d’apparecchiature elettriche ed elettroniche) migliorasse così tanto da rendere impellente l’esigenza di realizzare siti pubblici ad hoc allo stato non progettati.

Addio Fisciano e Pontecagnano. È già tracciata, al contrario, la via per trasformare in fertilizzante le 149mila tonnellate di frazione organica (ad eccezione dei comuni con meno di 1.500 abitanti, che si serviranno di stazioni di compostaggio domestico in loco per le complessive 5.131 tonnellate d’umido) prodotte nel vastissimo comprensorio. È l’eterno capitolo del compostaggio. Nel Piano s’ufficializza l’addio a due controversi impianti: quello di Fisciano, finito al centro d’una travagliata vicenda giudiziaria che portò all’arcinote sequestro dei finanziamenti, e quello di Pontecagnano Faiano, progetti rimasti “senza portafoglio” all’esito delle revoche decretate dalla Regione Campania. Della piattaforma della Valle dell’Irno si fa un’accidentale menzione – sembra quasi un lascito del copia e incolla dal preliminare – in riferimento al Sad “Cava-Irno”. Quando, però, ci si addentra nel concreto delle scelte, si parla d’«impianti alternativi rispetto a quelli precedentemente individuati ». E Pontecagnano e Fisciano scompaiono. L’Eda pianifica di smaltire tutto l’umido dell’Ato negli esistenti siti di Salerno ed Eboli, nelle piattaforme messe a nuovo o edificate grazie al Pnrr di Laurino, Polla e Santa Marina e nell’impianto fresco di programmazione, quello di Giffoni Valle Piana (ben 60mila tonnellate), che rimpiazzerà il naufragato biodigestore pontecagnanese e vedrà la luce proprio in quella Sardone che è un balcone affacciato sulla capofila dei Picentini. E sarà l’ultimo a nascere, ché finché tutti gli altri siti non saranno pronti a ricevere l’organico sarà necessario usufruire ancora della stazione di trasferenza da sostituire col nuovo centro di compostaggio.

Dall’Agro a Bellizzi. E con l’annesso impianto di selezione degli imballaggi. Uno dei tre: il “rifiuto nobile” sarà lavorato pure a Casal Velino, nella “fu” scatola vuota di Vallo Scalo – nei giorni scorsi la posa della prima pietra – e a Nocera Superiore. Alla porta dell’Agro nocerino, nella stessa città, sarà tirato su pure l’unico impianto per il trattamento dei rifiuti ingombranti – 40mila tonnellate l’anno – provenienti dall’intero Ato. Uno solo, come quello per le terre di spazzamento: 9.200 tonnellate a Bellizzi.