LA DECISIONE

Rifiuti di Polla in Tunisia, la palla all’Aia

Per il Tar il ricorso di Sra contro il rimpatrio dei 212 container è inammissibile: «Deve decidere la Corte internazionale»

POLLA - I 212 container di rifiuti, contesi tra Italia e Tunisia, restano nel limbo di un porto dello Stato magrebino, in attesa che qualcuno, non è chiaro se sarà un giudice o un arbitro, ma di sicuro di competenza internazionale, decida se debbano tornare in Italia o restare dall’altra parte del Mar Mediterraneo. Diventa sempre più intricata la battaglia giudiziaria internazionale che vede la “Sra srl”, azienda con sede nella zona industriale di Polla, specializzata nel trattamento e smaltimento dei rifiuti, contrapposta alla Regione Campania ed al Governo tunisino. Il Tar della Campania ha dichiarato il suo difetto assoluto di giurisdizione, respingendo il ricorso della “Sra” per ottenere l’annullamento di una serie di atti emessi dalla Regione, tra questi l’ordine di provvedere al rimpatrio di 212 container di rifiuti inviati in Tunisia.

Il via libera di Napoli. La vicenda ha inizio nel mese di aprile dello scorso anno, quando la Regione aveva autorizzato una spedizione transfrontaliera di 212 container di rifiuti speciali, derivanti dal trattamento operato nell’impianto di Polla, destinati all’impianto di recupero della “Soreplast” di Sousse, in Tunisia, dove però non sono mai arrivati perché posti sotto sequestro dalle autorità tunisine una volta scaricati nel porto tunisino. Il Tar, in una sentenza fiume, ha ritenuto di non avere competenza per potersi pronunciare sul ricorso, sostenendo che, in materia di rifiuti, quando è coinvolto anche uno Stato straniero che ha aderito alla Convenzione di Basilea, bisogna rifarsi a quanto previsto dalla Convenzione che prevede il ricorso ad un arbitro o in alternativa alla Corte Internazionale di Giustizia, la cosiddetta Aia. La “Sra” sostiene d’aver agito nel rispetto della legge e contesta alla Regione la decisione di ritornare sui suoi passi nonostante avesse autorizzato il trasferimento previa richiesta di eventuali motivi ostativi al Ministero dell’Ambiente e previa ulteriore autorizzazione rilasciata dalle Autorità tunisine.

Le email dal Nord-Africa. Successivamente al sequestro, a dicembre, un funzionario dello Stato tunisino aveva inviato due e-mail alla Regione intimando il rientro immediato dei rifiuti in Italia, invocando l’articolo 9 della Convenzione di Basilea, in quanto i rifiuti esportati rientrerebbero in una categoria rispetto ai quali sussisteva il divieto di introduzione transfrontaliera secondo la Convenzione di Basilea, caratterizzandosi pertanto come rifiuti pericolosi. Alla luce della richiesta arrivata dalle autorità tunisine, la Regione Campania, pur ribadendo la legittimità delle autorizzazioni concesse, aveva ordinato alla “Sra” di provvedere entro 30 giorni al rimpatrio dei rifiuti esportati.

L’azienda chiede i danni. E la “Sra” ha annunciato che farà ricorso al Consiglio di Stato. «È una sentenza - spiega l’avvocato Francesco Avagliano , legale della società di smaltimento dei rifiuti - che non condividiamo in nessun punto perché parte da un presupposto sbagliato e si basa su atti di fantomatiche autorità tunisine che invece non esistono. Ci sono soltanto atti della Regione Campania e sono quelli che noi abbiamo impugnato davanti all’autorità giudiziaria italiana, unica competente a pronunciarsi in materia. Il Tar con questa sentenza ha messo in atto un vero e proprio diniego di giustizia». E soggiunge: «La società si sta preparando a fare anche un’azione di risarcimento danni nei confronti della Regione per circa 7 milioni di euro e di contro c’è anche un richiesta di risarcimento da parte della compagnia di navigazione che ha chiesto in solido, alla Regione ed alla “Sra”, un risarcimento di 6 milioni di euro cifra che scaturisce dal costo di 26mila dollari giornalieri per la sosta dei container sequestrati in Tunisia».

Erminio Cioffi