L'analisi

Ridisegnare il tessuto urbano senza rimozioni

A Salerno la ricostruzione di trent'anni di urbanistica e lotta politica

SALERNO. Trent'anni: dall'8 marzo 1987, giorno in cui Michele Scozia, ultimo sindaco democristiano di Salerno cadde sotto il fuoco amico, ad oggi. Trent’anni in cui la città ha conosciuto un’intensa trasformazione urbanistica, cominciata con i piani di recupero del centro storico, la costruzione del nuovo stadio, la riqualificazione del lungomare Trieste e di corso Vittorio Emanuele, la delibera per la salvaguardia degli standard urbanistici (che bloccò qualsiasi nuova attività edilizia privata). Una fase contrassegnata dalla fine dell’instabilità politica delle coalizioni pentapartito e dall’insediamento della prima giunta laica e di sinistra, con i socialisti che abbandonarono i democristiani e sdoganarono il Pci portandolo al governo della città insieme a repubblicani, socialdemocratici, verdi e civici.
Seguirono gli anni della città più socialista d’Italia con progetti “chiavi in mano”, che l’allora ministro per le aree urbane Carmelo Conte riusciva a far finanziare dal Cipe e che la Giunta guidata da Vincenzo Giordano recepiva. È a quella stagione, poi finita per mano della magistratura, che si devono i progetti per la Lungoirno, la metropolitana, la cittadella giudiziaria (che doveva sorgere accanto alla Centrale del latte) e il recupero di grandi edifici (il teatro Verdi, l’ex orfanotrofio Umberto I°, l’ex seminario regionale, il trincerone ferroviario). Progetti poi rigenerati e modificati dal nuovo sindaco Vincenzo De Luca, che riuscì a recuperare i finanziamenti nazionali. Tra le operazioni di recupero ci fu anche quella di Oriol Bohigas, che ha poi redatto il nuovo Piano regolatore della città, inizialmente contattato dall’assessore repubblicano Ferdinando Cappuccio.
La filosofia dell’architetto catalano, che aveva coordinato il rinnovamento urbanistico di Barcellona, ben si conciliava con il nuovo corso dell’elezione diretta del sindaco. Bohigas era il teorico delle Aapu, le aree di puntuale attuazione urbanistica, cioè di interventi di riqualificazione in specifiche aree, capaci di avere un effetto di rigenerazione del contesto circostante. E per un sindaco che allora durava quattro anni, che voleva cambiare lo stato delle cose e passare all’incasso elettorale, fu una vera e propria manna. E così, mentre si lavorava al Piano regolatore, che fu approvato solo nel 2005 (sindaco Mario De Biase), De Luca procedeva con le cosiddette anticipazioni di Piano, che venivano approvate in variante al vecchio Piano regolatore. Sono nati così il parco del Mercatello, la nuova Lungoirno e il cosiddetto Fronte del mare (poi stravolto da Bofill). Ed è in quel decennio che fioriscono i progetti internazionali di idee per cittadella giudiziaria, la stazione marittima, il palazzetto dello sport, gli edifici del centro storico di cui fu artefice l’ex assessore all’urbanistica Fausto Martino. Il sui sodalizio con De Luca si interruppe bruscamente con le ultime anticipazioni di Piano, tra cui quella per le ex Mcm. Con l’approvazione del Puc, a parte il successivocapitolo del Crescent e di Piazza della libertà, la parola è passata essenzialmente ai privati. Il Comune, che pure avrebbe tante cose da fare (ad esempio il completamento del sistema dei parchi previsto dal Puc e nuovi collegamenti viari), è da anni che non riesce a garantire neanche le manutenzioni degli edifici recuperati e delle opere realizzate.
Cosa sta avvenendo in città e sulle colline è storia di oggi. Proseguire su questa traccia oppure fermarsi e riconsiderare l’uso che si vuol fare del territorio e le funzioni che la città dovrà assolvere nel prossimo ventennio è l’oggetto del dibattito che da oggi apriamo su “la Città”.

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