Riciclaggio e spaccio: la cassaforte dei clan

Attenzione alta in città e in provincia sui fenomeni criminali. Ancora forte l’ingerenza dei clan del Vesuviano

Coadiuvare sempre più efficacemente i diversi attori istituzionali nell’individuazione delle più appropriate strategie di contrasto alle mafie. Questa la missione della Direzione investigativa antimafia – guidata a Salerno dal tenente colonnello Letterio Romeo di fresco insediamento – che ha presentato nei giorni scorsi il report delle attività svolte e dei risultati conseguiti nel primo semestre del 2015.

Per quanto riguarda la criminalità organizzata nel nostro territorio, dalle indagini concluse, si delinea uno spaccato significativo delle dinamiche in atto nei gruppi criminali campani, in grado, da un lato di infiltrarsi anche fuori regione in vari ambiti economici ed amministrativi, dall’altro di attrarre figure imprenditoriali sempre più compenetrate nelle attività dell’associazione mafiosa. Un primo settore che continua ad interessare fortemente la camorra, per lo più nel Napoletano e nel Casertano, è quello del traffico illecito di rifiuti, per la cui realizzazione sono emerse a più riprese forti connivenze con amministratori locali. Prosegue, in quest’ambito, oltre alla costante azione repressiva da parte delle forze di polizia e della magistratura, un’ altrettanto serrrata opera di prevenzione con riferimento alle bonifiche dei territori inquinati. Se si entra nello specifico nelle attività di prevenzione e repressione previste sul territorio salernitano, sono due i macrosegmenti criminali su cui l’attenzione della Dia è altissima, così come ha affermato lo stesso Romeo: il riciclaggio del denaro e lo spaccio di sostanze stupefacenti.

La provincia di Salerno appare connotata da un’estrema frammentarietà, con sodalizi locali che operano in regime di sostanziale autonomia, fatta eccezione per alcune realtà che avrebbero stretto relazioni con compagini del Napoletano e del Casertano. Il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, per lo più provenienti dall’area vesuviana e napoletana, rimangono le attività illecite maggiormente diffuse ed il principale canale di finanziamento dei clan. Le attività di contrasto al fenomeno hanno, infatti, documentato l’esistenza di coltivazioni di droghe leggere destinate al mercato locale. Scendendo nel dettaglio dell’operatività dei singoli gruppi, a Salerno si conferma il ruolo di rilievo del caln D’Agostino-Panella, mentre la Valle dell’Irno (in particolare Baronissi, Fisciano, Lancusi, Mercato San Severino e Pellezzano) si caratterizza per il clan Genovese. I comuni della Costiera amalfitana, a forte vocazione turistica e non manifestamente interessati da presenze stanziali di sodalizi mafiosi, potrebbero comunque rappresentare un polo di interesse per il reimpiego di capitali illeciti. Ad Angri, dopo la disarticolazione del clan Nocera, alias dei “Tempesta”, è stato registrato in una prima fase il tentativo di giovani pregiudicati di conquistare la leadership nella gestione delle attività illecite. Lo scenario criminale risulta essersi stabilizzato dopo il ritorno in libertà di alcuni elementi apicali della famiglia Nocera, che avrebbero peraltro stretto accordi con gruppi di aria vesuviana. A Cava de’ Tirreni persiste l’influenza del caln Bisogno e la progressiva affermazione di un gruppo facente capo alla famiglia Celentano. A Nocera Inferiore, oltre ai membri dei Marinello-Pignataro, si registra il ritorno di alcuni storici esponenti della nuova camorra organizzata, processualmente riconosciuti quali stretti fiduciari di Raffaele Cutolo. A Pagani si conferma il gruppo dei D’Auria-Petrosino–Fezza nonostante l’arresto del capo clan e di alcuni suoi luogotenenti e le collaborazioni con la giustizia di affiliati di spicco che ne avrebbero destabilizzato gli equilibri. Il gruppo manterrebbe frequenti rapporti di collaborazione con esponenti di organizzazioni camorristiche dell’area vesuviana e con i Casalesi. A Sarno, Siano e Bracigliano si segnala la presenza del clan Graziano; i centri montani di Sant’Egidio del Monte Albino e Corbara sarebbero interessati da una rinnovata presenza dello storico gruppo Sorrentino; a Scafati, nonostante l’arresto, nell’agosto 2012, del capo clan, si conferma la dinamicità del sodalizio Matrone, storicamente legato al gruppo stabiese dei Cesarano; nella Piana del Sele, si riscontra la presenza dei clan Pecoraro-Renna, del contrapposto clan De Feo e del sodalizio Giffoni/Noschese. Nell’alto Cilento risultano presenti organizzazioni autoctone. Ad Agropoli, infine, continua ad esercitare la famiglia Marotta e il gruppo Marandino.

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