il caso

Riciclaggio con Scarano, arriva la prima condanna

Un anno e dieci mesi al costruttore Malangone che aveva scelto l’abbreviato Ora tremano gli altri cinquanta imputati a processo insieme al monsignore

SALERNO. Arriva la prima sentenza per l’inchiesta sul riciclaggio che ha travolto monsignor Nunzio Scarano e altre cinquanta persone tra imprenditori e professionisti. Il costruttore Carmine Malangone, l’unico ad aver scelto di chiudere la vicenda con un rito abbreviato, è stato condannato alla pena di 1 anno e 10 mesi. Meno della metà dei quattro anni chiesti dal pubblico ministero Elena Guarino (con uno “sconto” sufficiente ad accedere alla sospensione condizionale), ma abbastanza per far tremare gli altri imputati che hanno scelto il rito ordinario, e speravano in una sentenza di assoluzione che recepisse argomenti validi anche per loro. Il giudice dell’udienza preliminare Renata Sessa si è presa novanta giorni per depositare le motivazioni della sentenza, in cui spiegherà perché ha ritenuto di non poter accogliere le tesi con cui il difensore Francesco Saverio Dambrosio chiedeva l’assoluzione dell’imprenditore di Pontecagnano. Certo non è una pronuncia che può ritenersi in senso tecnico un “precedente”, ed è comunque emessa “allo stato degli atti” senza tener conto di quanto potrà emergere in dibattimento, ma resta il fatto che il primo giudice chiamato a pronunciarsi non ha accolto né i profili di incompetenza territoriale né quelli sull’assenza di un reato presupposto su cui fondare il riciclaggio.

Contro Malangone (riferimento della società fallita Cogemal e già patron della squadra di pallavolo “Cogemal Lavoro doc”) ha pesato quell’assegno circolare da diecimila euro consegnato a Scarano, assistito da una donazione fittizia e ricambiato, secondo le indagini, da un equivalente in contanti. La sua è stata ritenuta una delle operazioni servite al sacerdote per occultare la provenienza dal suo conto corrente dei circa 600mila euro con cui estinse un mutuo ipotecario. Uno scambio tra soldi e assegni circolari che avrebbe organizzato insieme alla commercialista Tiziana Cascone e per il quale sono ora imputati tutti coloro che hanno contribuito all’operazione. “Complici consapevoli” secondo la Procura, mentre le difese puntano su una “buona fede” che affonderebbe radici nel rapporto di fiducia con il religioso. E se “monsignor 500” spiega di aver architettato l’operazione per nascondere ad alcuni parenti la sua cospicua disponibilità di denaro, il pm Guarino ricostruisce invece bonifici da società off shore riconducibili agli armatori D’Amico e ritiene almeno parte di quei soldi il frutto di un’evasione fiscale su cui indaga la Procura di Roma.

Per la ripresa del processo si aspetta che sia consegnata la perizia psichiatrica su Scarano, che ha affermato più volte di essere in contatto con la Madonna. Imputati con lui e la commercialista ci sono tra gli altri il cugino Domenico e il notaio Bruno Fraunfelder, che lo avrebbero aiutato nell'acquisto di un appartamento in parte non dichiarato al fisco; Giorgio Genovese, che gli vendette un garage ed è accusato di favoreggiamento per aver negato agli inquirenti di aver percepito somme in nero; e tutti coloro che parteciparono allo scambio tra soldi e assegni. Tra questi il fidato don Luigi Noli, l’armatore Maurizio D’Amico, il primario Riccardo Villari, l’imprenditore Rosario Autuori e Carmine Pirofalo ex direttore amministrativo dell’ospedale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA