“Resto al Sud”, in 5 giorni solo 400 domande 

C’è un evidente disincanto rispetto alle opportunità di finanziamento lanciate alla vigilia delle elezioni

Ieri tutti i quotidiani nazionali e i Tg hanno riportato la notizia che vi è stato un boom di richieste sulla misura «Resto al Sud», lo strumento di finanza agevolata che il Ministero dello Sviluppo economico ha lanciato lo scorso 15 gennaio e che concederebbe un finanziamento a tutti i giovani non occupati stabilmente sotto i 35 anni (anche 36 se compiuti dopo il 21 giugno 2017) che desiderano avviare la propria attività imprenditoriale nel Sud Italia in svariati settori, tranne quello commerciale e delle libere professioni.
Sono un consulente e meno di due ore fa ho protocollato una richiesta di finanziamento a valere sulla misura Resto al Sud, per conto di alcuni clienti che mi hanno concesso regolare mandato.
Le richieste protocollate attualmente, a 5 giorni di apertura dello sportello telematico, sono meno di 400. A questo punto mi sento anche di dire che lo stesso Ministero dovrebbe essere deluso dal dato estrapolato, anche in considerazione del fatto che il 13 gennaio 2016 apriva lo sportello del fondo «Nuovo imprese a tasso zero», con cui si concedeva e si concede, trattandosi di un fondo ancora esistente, la possibilità ai giovani sotto i 35 anni e alle donne di tutte le età di ottenere un finanziamento pari al 75% a tasso 0, mentre il restante 25% restava e resta a carico dei proponentI, senza alcuna sovvenzione a fondo perduto.
Orbene, nonostante quest’ultima misura sia palesemente meno vantaggiosa rispetto a «Resto al Sud», al quarto giorno di apertura dello sportello e precisamente in data 16 gennaio 2016, risultavano protocollate 498 domande, ovvero circa 100 in più rispetto al quinto giorno di operatività della recentissima misura.
I media ieri hanno parlato di oltre 2 mila domande, ma appare opportuno sottolineare il realismo delle cifre: al momento le richieste di accesso alle fonti di finanza agevolata sono in netto calo, probabilmente a causa dell’errata gestione che i fondi pubblici hanno subito negli anni passati e anche in ragione delle speculazioni che prima i gestori (Invitalia in particolare) e poi i consulenti hanno attuato, solo ed esclusivamente a svantaggio di chi ha un sogno imprenditoriale.
L’assistenzialismo creato, negli anni passati, ai fini del consenso politico ha generato un effetto boomerang: oggi, è palese che non si creda più nelle opportunità che il Ministero, guarda caso, lancia solo ed esclusivamente sotto elezioni politiche.
Non dimentichiamoci, infatti, di quanti miliardi di euro sono stati restituiti all’Europa e di quanti il Governo ha destinato esclusivamente alle sue casse. Non da ultimo lo stesso decreto di «Resto al Sud», numero 91 del 2017, che ha destinato ben 230 milioni a Invitalia, per la gestione delle richieste di finanziamento, su un totale disponibile di 1 miliardo 230 milioni.
E’ d’obbligo, dunque, un’ulteriore considerazione: il lavoro dei consulenti che scrivono business plan per l’accesso al fondo (in cui vengono richieste previsioni economico-finanziarie a 3 anni e analisi di mercato, quasi più incisive dei progetti europei) e seguono la rendicontazione obbligatoria delle spese ammissibili, non è ammesso a finanziamento, mentre l’operato del Gestore è sempre ben pagato, nonostante sul web nascano continui gruppi di denuncia per il mancato tutoraggio offerto alle start up.
A questo punto è d’obbligo chiedersi: ma quali sono i vantaggi che riservate realmente ai sogni imprenditoriali dei giovani del Sud, se ve ne ricordate solo in campagna elettorale e anche in modo maldestro?
*commercialista
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