Renzi affida le sorti di De Luca ai giudici

Il presidente del Consiglio: «La legge Severino non si tocca». Il lungo giro dei fascicoli destinati alla Corte Costituzionale

SALERNO. È uno strano viaggio quello fatto dal fascicolo di De Luca inviato dal tribunale di Napoli alla Corte costituzionale. Strano e contorto. Il caso dell’ex sindaco di Salerno si è colorato di giallo ieri mattina. L’altra sera, subito dopo la sentenza della Consulta sul caso de Magistris, a mettere la pulce nell’orecchio dei cronisti è stato l’avvocato Gianluigi Pellegrino, quello che ha portato davanti alla Cassazione il nodo della “giurisdizione” nel caso di ricorsi alla legge Severino. Per Pellegrino, infatti, «è sembrato strano che la Consulta abbia esaminato solo il caso de Magistris. Se il fascicolo su De Luca fosse arrivato, avrebbero già fissato l’udienza». Ma l’udienza non c’è ancora e non perché le carte non siano mai state spedite, anzi. Il tribunale di Napoli l’ha fatto lo scorso 31 luglio. Dunque la domanda è semplice: che fine ha fatto il fascicolo? Dove si è bloccato?

Dai legali di De Luca è trapelato che il fascicolo, dopo essere arrivato a Roma è stato richiesto dalla Cassazione proprio per effetto del ricorso presentato da Pellegrino. E dunque solo ieri, i giudici lo hanno rispedito alla Consulta. Fino a ieri mattina si ipotizzava un ritardo da parte del tribunale partenopeo, tanto da indurre i più maligni ad immaginare che se fosse stato così sarebbe stato un grosso regalo fatto a De Luca. «Un fatto gravissimo» aveva stigmatizzato lo stesso avvocato Pellegrino perché «ne allungherebbe ingiustamente i tempi di discussione» commentava ieri mattina al telefono. Ma a Napoli si scopre che gli atti, che riguardano in buona sostanza i sospetti di illegittimità costituzionale della legge Severino sollevati dai legali del governatore campano, sono stati spediti e come.

L’iter è semplice. Dal tribunale di Napoli le carte vengono inviate alla Corte costituzionale e quest’ultima dopo averle prese in consegna fissa la data dell’udienza e la pubblica sulla Gazzetta Ufficiale. Facile. Se non fosse che il faldone che riguarda il governatore, sia stato spedito in Cassazione dove è arrivato lo scorso 10 settembre. Insomma un giro tortuoso.

Intanto il presidente De Luca cinguetta: «Severino e Consulta: Keep calm e al lavoro senza distrazioni». Dopo aver detto, subito dopo la sentenza dei “giudici delle leggi” che si erano espressi sul ricorso presentato dal sindaco di Napoli, che il suo caso era di verso da quello di de Magistris e chi li accomunava (anche lui lo fece, ndr) era solo per un tentativo «penoso e propagandistico di fare confusione».

Nelle carte in viaggio tra Napoli e Roma ci sono i rilievi posti alla legge dai legali di De Luca. C’è soprattutto quell’eccesso di delega sul quale si spera si possa averla vinta. In pratica il legislatore si sarebbe lasciato andare la mano rispetto alle richieste del Parlamento ed inserito anche altri reati, tra cui proprio quell’abuso d’ufficio che riguarda De Luca e che non era stato richiesto.

Così, se ieri mattina il clima del cerchio magico di De Luca era più possibilista sull’esito della Consulta, in serata, soprattutto dopo le dichiarazioni del premier Matteo Renzi alla trasmissione “Otto e mezzo” («la Legge Severino non si cambia») l’umore si era fatto decisamente nero. Ed ora è lo stesso presidente a sperare in qualche “tarantella”. Del resto fu proprio lui, che a proposito di una possibile sospensione da parte della Consulta, dal palco della Festa dell’Unità di Ercolano disse: «Le tarantelle in Italia non mancano mai, ma in questo caso non credo che mi faranno stare un anno a riposo pagato dallo Stato».

Ora sembra che andrà a finire proprio così. E che le previsione, rese il salsa folklorica a Ercolano dallo stesso governatore («la legge Severino consiste in questo: se viene applicata, sei sospeso, non te ne vai a casa. Stai a riposo; che meraviglia! Sarei in ferie e potrei fare tutti i colloqui e appuntamenti che ho in programma») si avvereranno. Eppure De Luca credeva che anche l’ex ministro Severino fosse «la prima ad essere consapevole che quella legge è un grande pastrocchio». Anche un po’ la Boschi. Una sicurezza, quella ostentata dal governatore che sembrava un endorcement sull’esito della consulta. Ma così non è stato e lo stesso Renzi ha blindato la legge a doppia mandata: prima con l’Avvocatura dello Stato e ieri sostenendo che «la Legge Severino non si cambia». Amen.

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