Reflui nelle caditoie per risparmiare 

Le acque di lavaggio dei bidoni dell’umido andrebbero trattate come rifiuti speciali ma solo poche ditte lo fanno

Rientrano nel quadro dei rifiuti speciali allo stato liquido e, secondo la normativa vigente, non dovrebbero essere sversati nelle caditoie a bordo strada e, meno che mai, sui marciapiedi. Parliamo delle decine di migliaia di litri d’acqua che ogni settimana vengono utilizzati per la pulizia i carrellati condominiali o degli esercizi commerciali e che dovrebbero, sempre in base alle leggi, essere convogliati in appositi automezzi dotati di cisterne di raccolta e poi portati presso un impianto di depurazione autorizzato. Peccato, però, che, secondo un gruppo di cittadini e commercianti salernitani, tale pratica venga quasi sempre disattesa. «Abbiamo spesso avuto modo di controllare come vengano lavati dalle imprese di pulizia i carrellati adibiti alla raccolta dei rifiuti organici – spiega Antonio Di Giacomo, attivista del comitato ambientalista “Salute e Vita” – Ci siamo documentati e abbiamo scoperto che lo sversamento è palesemente in contrasto con le normative, andando a configurare un reato ambientale. Una violazione alla luce del sole, che si verifica quotidianamente ma che resta ancora impunita per scarsa conoscenza dell’argomento».
Andiamo con ordine. Con l’ordinanza sindacale del 2008, a firma dell’allora sindaco Vincenzo De Luca, sono state date le prime indicazioni riguardo la raccolta dei rifiuti “porta a porta”, attivando con l’assessore all’Ambiente, Gerardo Calabrese, la raccolta differenziata su tutto il territorio cittadino. È con una seconda ordinanza, risalente al 2009, modificata nel 2013, che si è andati più nello specifico, affidando la gestione e la responsabilità della pulizia dei carrellati, e lo smaltimento delle acque reflue, alle singole utenze commerciali o condominiali. Queste ultime hanno il compito di siglare contratti specifici con aziende di pulizia attrezzate per tali operazioni. Esse dovrebbero provvedere alla raccolta dei liquami, spesso mischiati anche al percolato o ai rimasugli d’organico presenti nei bidoncini, tramite degli appositi automezzi dotati di cisterne da svuotare in apposite aree di smaltimento. «Una pratica che, per quanto ci risulta, non avviene – continua Di Giacomo – Più volte abbiamo riscontrato come il personale delle imprese di pulizia si adoperi nel lavaggio dei carrellati con detersivi, candeggine e altri prodotti enzimatici. Il problema è che, una volta terminato il lavaggio, i resti liquidi vengono sversati nelle caditoie per la raccolta delle acque piovane. La conseguenza è che questi liquidi vanno a finire direttamente in mare o nel fiume Irno, provocando quei fenomeni schiumosi che spesso vediamo sulle coste salernitane».
Altra questione non di poco conto è quella inerente i luoghi di smaltimento. Nella normativa si parla di “raccolta e conferimento in impianti di depurazione autorizzati” e il primo pensiero porterebbe al depuratore di Salerno. Ma la realtà dei fatti è molto differente, andando ad ingarbugliare una situazione già complessa di suo. «Non siamo autorizzati a trattare rifiuti liquidi urbani – spiega il dirigente di gestione dell’impianto della Sistemi idrici integrati salernitani, Gaetano Corbo – Non effettuiamo più questo servizio dal 2006. Trattiamo solo le acque che raccogliamo attraverso una rete di collettori comprensoriali allacciati alle fogne comunali. Non solo di Salerno, ma di altri 10 comuni della provincia e delle loro aree industriali. Lo smaltimento di tali rifiuti è una faccenda delicata e anche se si presentasse qualcuno per sversare i liquami nel depuratore, nonostante le nostre attrezzature idonee non potremmo accettarli».
Insomma, bisogna rivolgersi altrove. Con la conseguenza che ai già alti costi di smaltimento, si aggiungerebbero quelli del trasporto che finirebbero per ricadere sugli inquilini. Che, a questo punto, preferiscono chiudere un occhio sulle pratiche illecite.
Emilio D’Arco
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