Record di anziani in fila alla mensa

Cresce il numero e l’età media dei salernitani che frequentano la “San Francesco”. Il dramma dei separati

Arrivano alla spicciolata. Alcuni ancor prima delle 11.30, orario in cui la mensa “San Francesco” apre le sue porte per ospitare chi non ha soldi, non ha casa o non ha affetti da incontrare a tavola. Entrano timidi, con sguardo sfuggente o dimesso – a seconda dall’età – e si recano direttamente alla finestra che separa la cucina dalla sala con tavoli e sedie per ritirare quanto i loro “angeli” ai fornelli hanno appena preparato. Alcuni sono stranieri, per di più dell’Est europeo, che subito si riconoscono tra loro ma difficilmente si siedono vicini. Preferiscono mangiare e andare via, senza chiacchiere. Magari hanno l’anziano o l’anziana di cui sono diventati i badanti che li aspettano in uno degli appartamenti di via Carmine. O un capo mastro che li attende sul cantiere finita la pausa pranzo. Capelli biondi si alternano a pelli scure, quelle dei nordafricani che, seppur in netta minoranza, frequentano abitualmente il rifugio creato da Mario Conte nel cuore del rione Carmine.

Poi ci sono i salernitani, tanti, di tutte le età, per lo più uomini. La stragrande maggioranza di loro è formata da anziani, vestiti con abiti logori. Intorno al collo sciarpe infeltrite, ai piedi di alcuni si vedono pantofole e non scarpe. Da qualche anno sono i clienti più assidui del ristorante della solidarietà aperto in via D’Avossa nel 1994 e che, da allora, va avanti grazie al lavoro di decine di volontari che fanno da supporto alle figure storiche che si possono trovare in cucina, il signor Ettore su tutti, braccio destro di Conte, che ha il suo posto ai fornelli. Molti dei “nuovi” poveri in gioventù non erano tali, si reggono in piedi con difficoltà, camminano a passi piccoli e incerti e non c’è nessuno che li sorregge, nè nel salone della mensa nè a casa. «Nell’ultimo periodo abbiamo notato un costante aumento dei pensionati ai nostri tavoli – racconta Mario Conte mentre controlla che il pollo in forno non si bruci – Soprattutto uomini che con 500 euro al mese non ce la fanno a vivere dignitosamente, non si possono permettere una badante e magari non sanno neanche cucinare. Quindi vengono da noi così hanno assicurato almeno un pasto completo al giorno».

Gli anziani salernitani ospiti della mensa sono i più loquaci della sala, hanno fame di compagnia più che di pasta al sugo e condividono con piacere il tavolo con persone che hanno la loro stessa necessità. E così si siedono vicini, si raccontano, si regalano un po’ di quel calore umano che manca da tempo nelle loro vite.

«Molti sono rimasti vedovi, hanno figli assenti ma magari la casa di proprietà. Ma sono soli», continua Conte. «Capita di non vederli per lunghi periodi e quando notiamo che non tornano più, capiamo che sono venuti a mancare e il nostro cuore si stringe al pensiero di una fine avvenuta in completa solitudine», dice un volontario che gira per i tavoli con una bottiglia di aranciata dispensando sorrisi. «Poi ci sono quelle persone che hanno vissuto una vita intera con i genitori, a tarda età si sono ritrovati orfani e hanno perso le pensioni. Sono così rimasti senza alcuna forma di sostegno economico e vivono di stenti. Sono quelli che fanno più tenerezza, sembrano dei bambini perduti».

Mentre Conte parla, alcuni di loro si avvicinano alla cucina per chiedere il bis o per avere qualche rimasuglio da portare a casa, tanti se ne vanno via con un cestino tra le mani tremolanti.

Ci sono anche uomini distinti tra i disperati seduti alle tavolate della sala. Sono quelli che se vedono una macchina fotografica si coprono il volto, non vogliono che si immortali la loro situazione di bisogno: hanno amici e colleghi a cui non vogliono far sapere. Sono per lo più cinquantenni che, dopo un sofferto divorzio, hanno dovuto abbandonare il tetto coniugale e prendere in fitto un appartamento dove iniziare una nuova vita, resa difficile dal peso della vecchia. Hanno un assegno di mantenimento da versare tutti i mesi alla propria ex moglie che ha avuto i figli in affidamento e, tra bollette e spese vive, non ce la fanno a pensare anche alla spesa. O forse, semplicemente, non vogliono. Sono quelli che schivano le domande e, una volta giunti davanti alla mensa, attendono che nessuno li guardi per entrare.

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