Rapine ai portavalori, stangata sui capi 

Vent’anni allo scafatese Cocco e al foggiano Carbone. L’inchiesta transnazionale della procura un esempio per Eurojust

Doppia stangata per i capi e pene più lievi per i gregari del gruppo di rapinatori al centro dell’inchiesta “Last day”: l’impianto accusatorio della procura di Nocera Inferiore ha retto al vaglio dell’udienza preliminare, dopo le richieste di rito alternativo presentate dai difensori.
Le ricostruzioni investigative avevano smascherato una gang che prendeva di mira i portavalori sull’asse Agro nocerino-Foggia. Il gup del Tribunale Daniela De Nicola ha emesso la sentenza comminando venti anni di carcere ciascuno per i promotori: Domenico Cocco, trentasettenne scafatese, e Angelo Carbone, 52 anni, di Foggia, ritenuti al vertice del gruppo delle batterie da rapina, innalzando di molto le richieste, rispettivamente a dodici e a quattordici anni di carcere presentate dal pm Gianpaolo Nuzzo, titolare dell’attività investigativa e presente in aula, al momento della sentenza, insieme al procuratore capo Antonio Centore. È un pm di prima nomina, così come il gip Daniela Di Nicola.
Le altre condanne riguardano Antonio De Sandri, con una pena di nove anni e due mesi di reclusione, Angelo Pugliese, con una pena di otto anni, quattro mesi e venti giorni, Salvatore Della Ratta, condannato a due anni, due mesi e venti giorni, Pasquale Panico, condannato a due anni, Ciro De Falco, condannato a un anno e quattro mesi con pena sospesa, Luigi Delli Carri, condannato a due anni con le spese, Ciro Bruno, condannato a due anni, due mesi e venti giorni con spese.
Il giudice ha contestualmente emesso sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto, con cessazione della misura cautelare in atto, per il sarnese Luigi Garmiele, difeso di fiducia dall’avvocato Giovanni Annunziata, e per Lorenc Huqui, quest’ultimo per non aver commesso il fatto e per mancata condizione di procedibilità. Contestualmente, il giudice ha disposto anche la confisca di armi e beni tra cui l’autovettura Q3, destinata a diventare patrimonio dello Stato.
Il blitz ribattezzato “Last day” impegnò gli uffici investigativi di Nocera, Salerno, Foggia, Napoli, Verona e in Germania, con un macro procedimento iniziale contro ventidue indagati, nove esecuzioni di custodia cautelare in carcere e otto agli arresti domicilari. La procura nocerina coordinò gli uomini del servizio centrale operativo delle squadre mobili di Salerno, Napoli, Foggia e Verona, con l’ausilio dei Reparti prevenzione crimine di Napoli e Pescara, impegnati nella precedente raccolta di indizi ed elementi tramite intercettazione telefonica ed ambientale, da sistemi di controllo a distanza e videosorveglianza, ricostruendo una associazione per delinquere dedita alla commissione di colpi criminali, in particolare rapine ai portavalori, aggravate dall’uso di armi da guerra. L’indagine fu indicata come modello di indagine transnazionale sia dal procuratore generale Primicerio che dal presidente della Corte d’Appello, Russo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
L’organizzazione sotto accusa era composta alla conta finale da soggetti di origine campana, pugliese ed albanese, ritenuta responsabile, a vario titolo, di cinque diverse rapine realizzate nelle province di Salerno, Napoli, Foggia ed Avellino, con la pianificazione di un colpo grosso in territorio tedesco, impedito dall’esecuzione degli arresti. L’assalto imminente, quello che diede il nome al blitz “Last Day”, per gli investigatori era praticamente pronto, e comprendeva l’uso di kalashnikov Ak-47 e jammer per neutralizzare i sistemi di allarme satellitari e le comunicazioni con i cellulari, maschere indossate nei blitz, con modalità professionali nell’esecuzione.
Alfonso T. Guerritore
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