TEATRO

Ranieri, l'ultimo Pulcinellaracconta l'orrore di Baghdad

Intervista all'artista napoletano che interpreta al Teatro Verdi di Salerno lo spettacolo diretto da Maurizio Scaparro. Ranieri nei panni di un moderno Sindbad nella terra martoriata di oggi

Massimo Ranieri lo precisa subito: «E’ uno spettacolo di prosa che prende spunto da una perla di Maurizio Scaparro che è "Le mille e una notte" (spettacolo del 1996 con lo stesso Ranieri -ndr) dove io canto, essendo un cantastorie, solo due canzoni scritte appositamente da Mauro Pagani. Ma è teatro puro». Ha debuttato ieri sera al teatro Gesualdo di Avellino e da martedì sarà in programmazione (fino a domenica) al Teatro Verdi di Salerno.
S’intitola "Polvere di Baghdad" e Ranieri è un Sindbad che dal passato torna nella città martoriata. «E’ un testo molto forte che riflette sugli orrori del presente; su una città flagellata dalla guerra, sfigurata dagli attentati». Un presente ricostruito, in scena, anche e soprattutto dagli articoli di Massimo Nava, lo scrittore e giornalista per molti anni corrispondente di guerra proprio da Baghdad e che si avvale, per l’adattamento teatrale, di uno dei più grandi poeti del Mediterraneo, Adonis. «Oggi nessuno più immagina che quella terra è la stessa dei racconti di Sherazade, di Simbad, i giardini fioriti, i profumi intensi, e tutto quel fascino di una antica e straordinaria civiltà».
E per raccontarla forse serviva proprio Massimo Ranieri, quell’ultimo Pulcinella che proprio Scaparro aveva portato sul grande schermo. «Sicuramente Pulcinella è figlio di Simbad. Sono grandi personaggi, simboli, che hanno questa capacità di staccarsi dalla realtà e andare oltre. Sono quei personaggi che hanno carisma e fascino capace di attrarre l’attenzione del pubblico e a questo, raccontare, parlare, spiegare la realtà». Testimoni di una attualità che fa spavento. Baghdad come Napoli o viceversa, con la speranza, «che prima o poi finisca questo orrore. Il messaggio dello spettacolo è proprio questo e, per mettere fine a tutto ciò, bisogna comunicare. Solo parlando si risolvono le cose».
Un epilogo che può servire anche per la Napoli seppellita dai rifiuti o quella dell’indifferenza della gente davanti ad un omicidio? «Ognuno di noi dice sempre: "Lo Stato non fa niente". Ma lo Stato siamo noi; siamo noi che diamo ai politici la forza per stare lì dove sono e quindi spetta anche a noi intervenire in prima persona e non attendere sempre che qualcuno risolva. Così come per il Teatro. I teatri sono della gente ed è la gente che deve andare a teatro, perché è il luogo della cultura e la cultura è la chiave di volta per affrontare ogni problema». Per questo, uno Stato che taglia sulla cultura «taglia sulla crescita della sua gente. Io dico spesso: "Tagliamo sulle stronzate, sulle cose inutili". Il pubblico ha bisogno di cose vere e il teatro è stato da sempre il luogo delle forti denunce e dei grandi cambiamenti».
Denuncia, che in "Polvere di Baghdad", viene raccontata attraverso attori, danzatori e musicisti tutti provenienti dal bacino del Mediterraneo. Tra questi spicca la prima ballerina dell’Opéra di Parigi, Eleonora Abbagnato che, con Adriana Borriello, coreografa dello spettacolo, ha voluto affrontare una particolare sfida artistica legata ai nuovi linguaggi della danza contemporanea; ed ancora, la partecipazione di Tadayon Pejman, prestigioso suonatore persiano di oud e setar. Insomma un cast importante per uno dei lavori più intensi usciti dalla penna di Scaparro