Radioterapia negata, l’odissea dei malati

I macchinari costano e solo l’ospedale “Ruggi” ne è dotato. E i centri convenzionati attendono gli accreditamenti da 2 anni

Ad un calvario se ne aggiunge un altro. È quello vissuto dai malati oncologici che si sottopongono alla radioterapia. L’unico ospedale pubblico salernitano ad esserne fornito è l’azienda universitaria “Ruggi D’Aragona”.

Poi ci sono i centri privati. Uno a Salerno, il Check-up, uno ad Agropoli, la Clinica Malzoni, e uno a Nocera Inferiore, il DAM.

Si attende però l’accreditamento definitivo da parte della Regione. L’Asl ha avviato le procedure da quasi un biennio, la commissione istituita dall’azienda di via Nizza a Salerno ha fatto le opportune verifiche e ha inviato a Napoli tutte le carte.

L’ex direttore generale Antonio Squillante ha vincolato l’efficacia del rapporto contrattuale a una verifica della relativa funzionalità delle strutture. Più volte negli ultimi mesi sembrava essere vicini alla fumata bianca.

Nulla è però accaduto. Se a Salerno e nell’area sud si è proceduto senza troppi intoppi, a Nocera Inferiore è da due anni che si vive una vera e propria emergenza.

Nella primavera 2013 il centro polidiagnostico D’Agosto & Marino si vide ritirata la concessione che gli consentiva di avere un rapporto privilegiato con l’ospedale “Umberto I”. Non essendoci la radioterapia in viale San Francesco a supporto del day hospital oncologico, l’ex Asl Salerno 1 aveva riconosciuto una collaborazione con la struttura di piazza ferrovia.

Un’esperienza di sinergia come tante sul territorio salernitano. Una simile coinvolgeva anche l’ospedale di Cava. Ma si decise di cambiare registro. Un atto su cui si scatenò il putiferio.

Per mesi i pazienti che beneficiavano della terapia fornita dall’acceleratore lineare nocerino furono costretti a trovare accoglienza altrove. Le strutture, intanto, di fatto già operano come se fossero accreditate.

A Nocera Inferiore, per evitare viaggi della speranza a persone già molto provate, si è cercato di andare incontro alle esigenze di tutti riattivando il servizio. Si eroga la prestazione come se fosse in convenzione. Gli addetti ritirano la ricetta, che poi la società farà valere quando ci sarà l’accreditamento da parte della Regione, chiamata a rimborsare la prestazione.

Un palliativo che espone notevolmente i privati dal punto di vista economico e strutturale. Questa sembra essere l’unica soluzione per evitare che ogni anno centinaia di persone si rivolgano a strutture fuori regione.

Le ultime stime dall’AIRO parlano di circa 5 mila pazienti che emigrano per la radioterapia, con costi enormi per la sanità campana.

Anzi, una soluzione ulteriore ci sarebbe. Si tratta dell’attivazione della radioterapia nell’ospedale “Andrea Tortora” di Pagani. Sarebbe il completamento naturale del polo oncologico, ora monco di un servizio salvavita.

Il manager uscente ha individuato la struttura di via Olivella quale destinataria del settimo acceleratore lineare in dotazione all’Asl Salerno, ma la cosa per ora è utopia. I tempi appaiono biblici. Sostanzialmente è sempre una questione di soldi. Ci vorrebbero circa 3 milioni di euro, secondo i calcoli fatti dai bene informati, per allestire la struttura tra locali e apparecchiatura.

Soldi difficilmente reperibili. C’è poi il capitolo personale. Ci vorrebbe un’équipe di radiologi dedicata. Ma con le emergenze vissute in tutti gli ospedali come si fa a destinare un gruppo di specialisti su un’unica struttura? Insomma, il miglioramento del servizio è sacrosanto e giusto, ma realizzabile in tempi di abbondanza.

Dunque, senza un’accelerata da parte della Regione, il provvedimento di Squillante rischia di restare lettera morta. Nel frattempo a morire sono pure i malati che attendono di curarsi.

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