L'inchiesta

Racket nell'Agro nocerino: i signori del pizzo restano dentro 

Carcere confermato per Bruno e i Galasso. Nel mirino era finito un industriale di S. Egidio

Confermate le misure cautelari a carico dei quattro coinvolti nell’inchiesta sul racket portato avanti a suon di bombe.
Per le accuse dell’antimafia i coinvolti convincevano le vittime, per lo più imprenditori edili, a pagare il “pizzo” dichiarando di essere esponenti della camorra e utilizzando ordigni e armi.
I quattro originari di Angri, di Pompei e di Sant’Antonio Abate, finiti in carcere e ai domiciliari su ordine del Gip in accoglimento della richiesta della Dda di Salerno, sono il cuore del lavoro d’inchiesta dei carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore, supportati dai militari di Castellammare di Stabia e di Torre Annunziata, con accuse a vario titolo di di concorso in estorsioni, tentate e consumate, aggravate dal metodo mafioso.
Il Riesame di Salerno ha confermato cautelare in carcere per Marzio Galasso, 54 anni, di Sant’Antonio Abate ma residente ad Angri, e Aniello Bruno, 49, di Angri, confermando inoltre i domiciliari già disposti ab origine per Aldo Fluido Esposito, 58, di Castellammare di Stabia ma residente a Pompei, e Giovanni Galasso, 30, figlio di Marzio.
Altri cinque complici sono stati denunciati: M.L., 54, abatese, P.G., 41, G.M, 60, V. C., 69, di Angri, e A.N., 56, di Castel San Giorgio, a piede libero dall’inizio dell’operazione.
(a. t. g.)
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