«Questi drammi si evitano se non voltiamo la faccia»

San Marzano, dopo l’addio alla piccola Lidia parte l’appello della Caritas Don Alessandro Cirillo: «Scaricare tutto sulle istituzioni è sintomo di indifferenza»

SAN MARZANO SUL SARNO. I palloncini bianchi liberati nel cielo sono stati l’ultimo saluto a Lidia. I funerali della bimba di tre anni si sono tenuti ieri pomeriggio nel cimitero. Circa duecento persone hanno voluto tributarle l’ultimo abbraccio, tanti rumeni ma anche «tantissimi cittadini di San Marzano», ha detto il sindaco Cosimo Annunziata. A presiedere la liturgia con il rito ortodosso padre Bogdan Filip, guida della comunità rumena nel salernitano.

Intanto sulla vicenda interviene la Caritas. La solitudine, l’abbandono e l’emarginazione sono emergenze sociali pari, se non peggiori, alla crisi economica e alla necessità di mettere un piatto a tavola. Nessuno, dunque, può voltare la faccia. Non lo facciano le istituzioni, ma non devono farlo nemmeno i semplici cittadini, a loro il compito di essere “sentinelle sul territorio”. Il sollecito arriva da don Alessandro Cirillo, direttore della Caritas diocesana Nocera Inferiore-Sarno. Chissà che le cose non sarebbero andate diversamente per Lidia, la bambina di tre anni arrivata morta all’ospedale “Martiri del Villa Malta” di Sarno, se qualcuno si fosse maggiormente interessato alla condizione di disagio vissuta dalla piccolina e dalla sua famiglia. «Bisogna evitare che tante persone cadano nella solitudine della propria esistenza e pensare di più a quanti vivono da soli», ha detto il sacerdote. «Ci fa riflettere la cronaca di questi giorni. La triste vicenda di Lidia ci fa dire che la povertà non è solo quella dell’essenziale per vivere, ma è anche di affetti: solitudine, marginalità nelle condizioni di vita». Da qui l’appello a tutti.

«Il mio invito è di non lasciare il compito di assistenza solo a chi, come istituzioni e realtà ecclesiale, deve animare sul territorio la carità. Tutti siamo chiamati ad essere sentinelle sul territorio. La carità diventi reale. Tutti siamo chiamati ad essere antenne che si interrogano se accanto vive qualcuno che se la sta passando male e provi a fare qualcosa. Dobbiamo farci apostoli, samaritani di carità».

La cronaca deve insegnare anche questo: non solo indignarsi, parlare e discutere, ma agire concretamente. «Così facendo – ha chiosato – forse avremo meno realtà drammatiche, così come quelle che viviamo. La vicenda di questa piccola ci fa capire che tanti drammi si possono evitare se ritorniamo alla dimensione del cortile, luogo dove condividere gioie e dolore e attese e speranze di vita e rispondere ai bisogni del prossimo».

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