IL COMMENTO

Questa politica tutta da rifondare

Dov’è finita la politica oggi? Non dovrebbe essere terreno di confronto per idee e progetti? Nelle ultime elezioni comunali, come sintomo inequivocabile di uno stato di sofferenza della politica...

Dov’è finita la politica oggi? Non dovrebbe essere terreno di confronto per idee e progetti? Nelle ultime elezioni comunali, come sintomo inequivocabile di uno stato di sofferenza della politica attuale, non si è visto niente di tutto ciò, e nemmeno si è instaurato un dibattito politico costruttivo, ma c’è stata esclusivamente una competizione sfrenata, una corsa a ostacoli con un unico obiettivo: arraffare quanti più voti per tentare di vincere un posto nei consigli comunali, con tutti i mezzi (si spera leciti) consentiti.

Quel che più rammarica è la triste constatazione di una campagna elettorale giocata non sul piano politico, ma solo su quello personale, in cui l’obiettivo primario è stato la distruzione dell’avversario, la brama di conquistare il potere, con un conseguente appiattimento su chi vince e chi perde e l’amara, sebbene tardiva consapevolezza, che né chi ha vinto né chi ha perso sa esattamente in che direzione andare.

Tutto ciò induce la maggior parte della gente a perdere fiducia nei politici e alimentare l’antipolitica. C’è bisogno – mai come adesso, forse – che la politica recuperi la sua antica virtù tesa a contenere l’insaziabile voracità degli appetiti dell’egoismo individuale, come afferma Giuseppe Cantarano nel libro “L’antipolitica”.

Certamente nella gestione di un Comune, i sofismi politici e i dibattiti fini a sé stessi non servono a molto perché esistono dei problemi contingenti, che richiedono una considerazione e un intervento immediato, ma ciò che manca, e che probabilmente ha anche decretato il fallimento della gestione politica negli ultimi anni, è una visione di insieme che possa affrontare le sfide non solo del presente ma soprattutto del prossimo futuro, riportando tra i cittadini un clima di fiducia nei propri amministratori.

Prendere in mano le redini di una città non vuol dire preoccuparsi esclusivamente del “qui e ora”, risolvendo, talvolta "alla meno peggio" problematiche spinose mettendoci una toppa sopra ma, soprattutto, essere capaci di guardare in prospettiva, pianificando interventi che possano garantire una continuità nella progettualità, costruendo mattone dopo mattone le fondamenta di un più solido scenario economico, civile e sociale, investendo nella cultura come chiave per il progresso, restituendo, in definitiva, alle nostre città la speranza, ormai quasi svanita, di potersi immaginare un futuro qui, e non altrove, al di là di un oggi alquanto critico.

E anche la mia personale testimonianza, come candidato rappresentante della società civile nelle ultime elezioni comunali (di Napoli), è un invito aperto alla riflessione, che possa svegliare ed eventualmente incoraggiare altri comuni cittadini come me, alle azioni concrete e risolutive per le proprie città.

Chi scende in campo in politica lo deve fare consapevole del valore che le parole ma ancora di più i fatti possano acquisire e tale prospettiva etica del servizio pubblico fa dell’impegno assunto, non un strumento di gratificazione personale ma una modalità di esercizio della responsabilità civile e sociale. Una responsabilità da cui, nonostante tutto, nessuno di noi può esimersi.

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