Quell’eremita nell’ultimo Eden della Divina

Artista e difensore del “Giardino del Principe” Da 43 anni vive a Positano amando la natura

VITO PINTO. Il cancello in ferro all’ansa del ponte sul torrente è il confine tra la rumorosa civiltà di passaggio sulla strada statale 163 amalfitana e quella valle che si addentra accanto al rio Porto, luogo dell’ultimo eden dove vive il tempo del sogno. Negli anni in cui la speculazione edilizia si spandeva a macchia d’olio, in questo luogo da ultima fiaba dell’età della natura si costruiva al massimo qualche tettoia di ricovero per gli animali.

Quello che una volta era il “Giardino del Principe”, con in fondo il padiglione moresco, è oggi la casa di Gianni Menichetti, poeta, artista, ultimo e strenuo difensore di questo avamposto della spontaneità della terra. La battaglia a difesa della natura fu iniziata da Vali Myers, danzatrice, pittrice australiana, immaginata “Carol” da Tennessee Williams nel suo Orpheus descending, alla quale Menichetti si legò con amore per trenta anni, sino al giorno in cui le ceneri di Vali furono, per sua volontà, sparse nell’oceano indiano.

«Quando la incontrai - ricorda Gianni - fu un’apparizione. Aveva un grande carisma, una forza, un fascino che non si può dire a parole. Aveva la forza dello spirito. Era una grande anima». E Vali ancora oggi è lo spiritus loci della Valle dove il torrente Porto scende verso il mare delle Sirene, sino a quell’antico mulino Arienzo che lo scrittore e giornalista russo Misha Semenov trasformò in villa per curare la sua nevrastenia con il vino e il sole di Positano. «Sai, dice Gianni, i custodi di casa Arienzo, recentemente, mi hanno fatto un gran bel regalo: il cappello di pelo di Semenov»,

La salita al “giardino” non è agevole: si procede su un viottolo in terra battuta, tra “scale” intagliate nella roccia, sorpassando il torrente su pietre emerse, protetti da ontani, ornielli, lecci; edera e felci primordiali addobbano i bordi del cammino. Più su, nello spazio del giardino lo attende Joanna Pallaris, cipriota di Londra, fotografo in bianco e nero e sua compagna da tre anni. Intorno fanno festa 17 cani, galline, tortore, girini, pesci rossi, anguille. Animali che vivono la loro vita senza correre il rischio di essere mangiati.

Memorabili sono state le asine Fingualla e Fanny, quest’ultima vissuta 40 anni senza mai aver lavorato un solo giorno della sua vita. E rispettata sino ai suoi 14 anni è stata anche la scrofa Ramona, mentre sorniona Winnie la tartaruga trascina i suoi cento anni nel robusto carapace. Lassù, d'inverno, il sole sorge alle 14 e tramonta alle 16, non v'è elettricità, l'acqua è quella delle sorgenti dei monti ed alimenta una vasca, quasi ninfeo pompeiano.

Lui, paziente eremita di spiritualità orientali, trascorre le giornate di lavoro ad accudire gli animali e a dialogare con le voci della natura, a meditare sul mutare delle stagioni che vestono e denudano gli alberi, offrono boccioli di sambuco e profumi d'erba rinata; a sera si raccoglie alla luce di una lampada a gas, a scrivere poesie, ad ascoltare musica da una radio a pile, a dipingere la volpe e la salamandra, simbolo della sua battaglia in difesa della verginità di questo canyon. Dal giardino lo sguardo spazia sul mare di Positano. «Amo il mare - dice Gianni sorridendo - ma credo di essere l'unico abitante di Positano a non saper nuotare». Gianni giunse in questa valle 43 anni fa, in compagnia di un lama tibetano. Gli ultimi cinque anni li ha spesi in una battaglia in difesa dell’ambiente. «Ci hanno provato continuamente, in tutti i modi e con banali pretesti, per buttare cemento in questa valle. Sembrava una battaglia persa, ma, alla fine, sono stati sconfitti». A Gianni è arrivato il sostegno del WWF, di Italia Nostra, di due interrogazioni parlamentari, di trasmissioni televisive e articoli sui giornali; è arrivata soprattutto tanta solidarietà da tutto il mondo.

La battaglia è vinta, ora scrive sea poems, poesie miniate come manoscritti monastici, e dipinge Yamlika, regina dei serpenti. Quasi pensiero ad alta voce, dice: «Il mio sogno è la mia libertà interiore che conquisto giorno dopo giorno». Poi, quasi a commiato, aggiunge: «A volte sto in lunghi silenzi ad ascoltare…».

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