Quando lo “struscio” si faceva a Santa Lucia

La passeggiata storica nei ricordi della titolare dell’omonimo ristorante Domani in omaggio con “la Città” un’altra fotografia di “Salerno com’era”

«Era il 1946, quando, ancora giovanissima fidanzata, iniziai con il mio futuro marito Giuseppe Flauti e suo padre, don Vincenzo, l’avventura della trattoria Santa Lucia. Lo scenario era veramente da cartolina, molto diverso ormai da quello di oggi». Lei, donna Elvira Socci, da oltre mezzo secolo con il suo locale è rimasta sempre nello stesso posto ed è un osservatorio privilegiato per raccontare i cambiamenti e commentare la foto d’epoca che raffigura proprio la zona di Santa Lucia. «Nel ‘46 avevo 16 anni e giungevo da Cava, ero davvero orgogliosa di essere fidanzata con quello che sarebbe diventato poi il re della pizza. Quando mio marito morì, nel 1966, tutti i giornali gli riconobbero questa sovranità gastronomica». Negli occhi di una bella ragazza nella prima metà del Novecento, nella sua zona più centrale, Salerno appariva come una vetrina elegante, dove si incontravano persone e personaggi, spesso legati ancora ai modi ed alle mode dell’Ottocento. E’ il caso del “Barone Santamaria. Portamento elegante e nobile, chioma bianca e immacolata, bastone con pomo in madreperla, quando passava si faceva notare ed era molto affabile con tutti». I punti di riferimento sulla piazza erano naturalmente rappresentati dalle botteghe storiche, come quella degli Amendola, la cui iscrizione si vede anche nella stampa de La Città: «Un’accorsata merceria che vendeva di tutto, dallo zucchero ai filati per il tessile. Poi c’erano gli Olivieri che vendevano dai primi dischi in vinile alla lana per i materassi». Per strada uno scenario diverso: «Carrozze con cavalli, poche auto Fiat Balilla, biciclette e tanti pedoni». Proprio dinanzi alla chiesa c’era un chiosco per la vendita di sorbetti al limone, nonché di fresche e dissetanti limonate: «Vi è rimasto fino ad una ventina d’anni fa. A mare c’era il ristorante Boccadoro». L’album dei ricordi per donna Elvira non è soltanto la metafora di un passato che vive nel pensiero, ma è un vero album composto da tanti fogli manoscritti, con la copertina in pelle, dove sono annotate le dediche di un ricco parterre di stelle del teatro, della canzone e del cinema che hanno frequentato negli anni il suo locale: «Da Pippo Baudo a Riccardo Pazzaglia che decantò i miei piatti inimitabili con quella sua bella scrittura; da Carlo Giuffré ad Arnoldo Foà. Poi tutta la famiglia Gassman: ci veniva Vittorio che impazziva per la zuppa di pesce, ci veniva Paola, ora ci viene il figlio Alessandro, di tutti conservo anche le foto. Ma posso andare molto indietro nel tempo, fino ad Amedeo Nazzari o ad una bellissima ragazza dai capelli scuri che risponde al nome di Claudia Cardinale». A quei tavoli con vista sul corso di Salerno e sulla chiesa di Santa Lucia si è seduto anche Alberto Sordi. E se il grande cinema in “Un americano a Roma” lo ha immortalato mentre mangia gli spaghetti, in quello che è ormai un fotogramma cult, da donna Elvira lui «mangiava con gusto gli spaghetti con le vongole e diceva che dentro ci sentiva tutto il sapore del mare». L’album del tempo può chiudersi idealmente con uno dei primi avventori del locale, Enzo Biagi e con un suo libro che sembra intitolato apposta “Era ieri”. Paolo Romano ©RIPRODUZIONE RISERVATA