Quando l’exit strategy fu politica

Nel gennaio dello scorso anno affidò a Napoli il Comune prima di essere sospeso

SALERNO. La condanna in primo grado per abuso d’ufficio costò a Vincenzo De Luca già la sospensione da sindaco di Salerno. Allora la Severino funzionò benissimo, ma dietro l’angolo c’era la candidatura a presidente della Regione Campania. Era il gennaio del 2015. Fu il vice prefetto vicario, Giovanni Cirillo a firmare il decreto di sospensione dalla carica di primo cittadino.

Poco prima di quella decisione, invece di affidarsi alla magia dei suoi legali, l’exit strategy di De Luca fu tutta politica. Infatti nominò il suo capo staff, l’attuale sindaco Enzo Napoli suo vice, preferendolo a Eva Avossa . Il posto lasciato vacante da Napoli finì nella mani di Nello Mastursi, all’epoca responsabile Enti locali del Pd regionale.

Con l’arrivo della sospensione Napoli guadagnerà poi le stellette del facente funzione tirando avanti l’attività amministrativa fino alla sua definitiva candidatura a sindaco, quella che lui stesso poi definirà una carica di «transizione». Intanto De Luca si preparava alle primarie di coalizione. Di lì a poco il suo nome sarebbe stato al centro di un’ampia discussione politica sulla sua “incandidabilità”. Il nome dell’attuale presidente finì anche nella lista del presidente della Commissione antimafia non per l’abuso d’ufficio ottenuto grazie al Termovalorizzator, ma per il reato di concussione “conquistato” grazie al progetto Sea Park.

Anche da quest’ultima vicenda, Vincenzo De Luca ne è uscirà pulito. E proprio mentre tutti i guai giudiziari venivano finalmente messi in soffitta, dalle ceneri rispunta la legge Severino. Che potrebbe ora rimettere in moto i suoi legali e aprire, alle soglie del voto referendario, una nuova battaglia politica. ©RIPRODUZIONE RISERVATA