Qualità degli atenei Salerno è in crescita

Secondo l’indagine pubblicata dal “Sole 24 Ore” siamo al 15esimo posto Il rettore Tommasetti: «Risultato che ci motiva a fare sempre di più»

SALERNO. Salerno è la 15esima università italiana. Ma per cosa? È arrivato il nuovo anno e con esso, come da tradizione, arriva la pioggia di bilanci, pronostici e classifiche. Tra queste non si è fatta attendere quella del Sole 24 Ore sulle università italiane. Sono 61 gli atenei statali passati in rassegna nella classifica del quotidiano, realizzata con 12 indicatori per valutare gli atenei da 12 diversi punti di vista. Dalla ricerca alla copertura delle borse di studio, dalla media dei voti dei laureandi al numero di studenti che hanno conseguito esami all’estero. Insomma una forbice di valutazione davvero molto ampia, forse da un certo punto di vista anche troppo ampia, tale da non rendere di facile comprensione quale sia il motivo per cui ogni ateneo occupi la sua posizione in classifica. In tutti gli articoli che già stanno rimbalzando sul web, specialmente tra i siti delle varie università, si fa riferimento alla “qualità” degli atenei. Ma come si calcola la qualità di un’università?

Volendo predere come riferimento l’Università degli Studi di Salerno, questa è risultata la sedicesima migliore università d’Italia, secondo Il Sole 24 Ore. Forse la prima domanda che verrebbe da porsi è: 16esima migliore in cosa? Andando a vedere nello specifico le dodici diverse classifiche, stilate a sua volta dal Sole 24 Ore per ognuno degli indicatori di valutazione utilizzati, l’ateneo salernitano si è aggiudicato il secondo posto per “competitività della ricerca”. Questo indicatore misura la capacità di attrarre risorse esterne per progetti di ricerca. Un risultato notevole che presenta l’Ateneo salernitano come un fiore all’occhiello della ricerca al servizio dell’imprenditoria. Un dato che però suona un po’ in contrasto con la qualità della ricerca, che fa attestare lo stesso ateneo di Salerno al quattordicesimo posto in classifica. Certo trovarsi tra i primi 20 antenei per la qualità della ricerca, superando anche università come Tor Vergata e La Sapienza rappresenta un motivo di orgoglio per l’ateneo salernitano. Orgoglio espresso dal rettore Aurelio Tommasetti nel suo messaggio di auguri di inizio anno.

«Siamo lieti di aprire il nuovo anno con la notizia pubblicata oggi da Il Sole 24 Ore. L’Università di Salerno è l’Ateneo che cresce di più a livello nazionale», scrive su Facebook Tommasetti, che aggiunge come «questo risultato che arriva ad apertura di questo nuovo anno, se da un lato ci rassicura sulla bontà delle scelte operate finora, dall’altro ci motiva ad andare avanti in questa direzione. Mettendo sempre al centro i giovani, gli studenti, il nostro patrimonio più prezioso da salvaguardare e promuovere».

Fare di più per gli studenti, un commento non casuale forse quello dello stesso rettore, il quale sa bene che se le classifiche del Sole 24 Ore hanno promosso a pieni voti il suo ateneo per quanto riguarda aspetti di ricerca e attrattività di investimenti, allo stesso tempo lo hanno bocciato sotto altri aspetti.

L’università di Salerno ancora una volta si posiziona negli ultimi dieci posti, esattamente al 50esimo per quanto riguarda la copertura delle borse di studio, che vengono coperte solo per il 58 per cento degli studenti che per situazione reddituale e di merito ne hanno diritto. Sono tanti gli atenei piccoli e grandi che, nonostante posizionati anche essi geograficamente nel Mezzogiorno d’Italia, coprono le borse di studio al 100 per cento come le università di Basilicata, Foggia e Macerata, tutti in vetta alla classifica. Ateneo bocciato anche per quanto riguarda l’attrattività degli studenti oltre regione, 49esimo è il posto in classifica, forse proprio a causa della scarsa copertura del diritto allo studio e quindi dei servizi essenziali di cui hanno bisogno specialmente gli studenti cosiddetti fuori sede. Alti e bassi per una classifica che forse lascia riflettere non poco sull’uso frequente che si sta facendo negli ultimi anni dei tentativi di “messa in competizione degli atenei” italiani. Alti e bassi forse legati anche alla varietà troppo ampia dei fattori considerati, per i quali qualunque ateneo può eccellere o scarseggiare, indipendentemente da un posto occupato in una classifica totalizzante, sulla quale non sembra essere chiaro quale sia il fattore prioritario di valutazione.

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