Porto, Delrio “gela” gli imprenditori

Il ministro risponde alla lettera delle associazioni: «Valuteremo l’impatto economico, ma l’accorpamento è necessario»

Apertura al confronto per valutare gli impatti che la riforma avrà sull’economia e la funzionalità dei porti, ma il testo non si tocca. Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Graziano Delrio, tre giorni fa ha risposto alla lettera-appello che il 15 marzo scorso oltre venti sigle della categoria avevano sottoscritto ed inviato al Governo nazionale e regionale per manifestare il disappunto sulla scelta di unificare i porti di Napoli e Salerno, sottraendo a quest’ultima città l’Autorità Portuale, la cui sede unica sarà nella città partenopea da dove, attraverso il nuovo soggetto – l’Autorità di Sistema Portuale – si gestiranno le attività del porto di Salerno e anche di quello di Castellamare di Stabia.

Nella lunga lettera indirizzata al presidente della Camera Commercio, Andrea Prete, Delrio ha difeso nuovamente la scelta di razionalizzare e riorganizzare il sistema portuale «per reggere la sfida competitiva globale che si è fatta molto più complessa ed ardua per gli scali del nostro Paese». Le quindici nuove Autorità, che nasceranno dall’accorpamento degli oltre 50 porti italiani, saranno controllate direttamente dal ministero, che coordinerà alcune funzioni principali come la programmazione infrastrutturale, gli investimenti pubblici, le condizioni di mercato legate alla valorizzazione commerciale del demanio marittimo, la promozione internazionale dell’offerta di sistema portuale, la realizzazione dei grandi raccordi logistici tra porti, retroporti e i corridoi della Rete europea. «Solo queste funzioni – ha chiarito il ministro – passeranno in capo all’Autorità di Sistema Portuale mentre, come previsto dall’articolo 6 bis dello schema di decreto, le attività concrete quotidiane legate alla vita economica e produttiva di uno scalo, restano nell’autonomia gestionale di quelli che saranno gli Uffici territoriali. Il “ciclo nave”, il “ciclo merci”, le concessioni fino a quattro anni, i completamenti delle opere infrastrutturali già avviate, le opere minori di edilizia portuale – ha ribadito il ministro Delrio – resteranno nella gestione operativa locale».

D’altronde, ha ricordato il ministro, «i porti di Napoli e Salerno distano poche decine di chilometri, potenzialmente usufruiscono delle stesse infrastrutture logistiche retroportuali e della stessa rete nazionale di collegamento su ferro e su strada».

Sulla questione delle nomine all’interno della “cosa nuova per la Campania”, l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha voluto ribadire che «il nuovo comitato di gestione riconoscerà pari dignità alle due città ex sedi di Autorità portuali potendo nominare ognuna un solo delegato all’interno dell’organo senza alcun principio di ponderazione della rappresentanza». Per la serie: uno voto vale uno. E a chi in queste settimane ha parlato di «mero accorpamento» ha spiegato che si tratta di un errore dal momento che si sta parlando «di una istituzione nuova con organi nuovi».

È facile immaginare che questa risposta non soddisfi la comunità portuale cittadina, così come non aveva soddisfatto la risposta che il sottosegretario di Delrio, il campano Umberto del Basso de Caro, aveva dato non più tardi di qualche settimana fa al deputato salernitano del Pd, Tino Iannuzzi, che in un’interrogazione aveva sottolineato la necessità di preservare il ruolo delle Regioni nella gestione della portualità evidenziando anche il possibile conflitto con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.

L’unico spiraglio è rappresentato dall’emendamento, proposto da Campania e Liguria ed approvato in sede di Conferenza Stato-Regioni, che in pratica “congela” la riforma per i prossimi tre anni. Se passerà anche nelle commissioni parlamentari di Camera e Senato – dove il testo a breve approderà – la speranza di conservare l’autonomia del porto di Salerno potrebbe riaccendersi.

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