IL FATTO

Porta ovest, la Tecnis “vende” il cantiere 

L’azienda siciliana stenta a riprendersi dal ciclone giudiziario ed è costretta a dismettere

SALERNO. La Tecnis, l’azienda siciliana che sta realizzando le gallerie che dovranno collegare il porto allo svincolo autostradale, potrebbe cedere l’appalto ad un altro società. Il cantiere di Porta Ovest, infatti, in virtù degli ultimi sviluppi, potrebbe cambiare “padrone”. Già, perché la società, siciliana – tra le più importanti realtà del Mezzogiorno, con un giro d’affari di oltre 700 milioni – stenta ancora a riprendersi dal ciclone giudiziario che l’ha travolta lo scorso anno. Tant’è che è stata attivata la procedura di amministrazione straordinaria, la cosiddetta legge Marzano, prevista per le grandissime imprese insolventi, introdotta nel nostro ordinamento a seguito del crac della Parmalat, con lo scopo di disciplinarne il dissesto e, quindi, d’evitare il fallimento. Amministratore straordinario, con ampissimi poteri, come prevede la normativa, è stato nominato dal ministero il giurista romano Saverio Ruperto, che aveva già rivestito il ruolo di commissario giudiziario, nell’ambito dell’inchiesta della Procura siciliana su presunti legami con la mafia. Ebbene tra i piani di rientro c’è anche quello delle manifestazioni d’interesse per il «possibile programma di recupero dell’equilibrio economico». In pratica ciò può avvenire «tramite cessione unitaria dei complessi aziendali dell’impresa con la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa stessa» oppure attraverso «la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base di un programma di risanamento». A formulare le “proposte” potranno essere o singole imprese o anche cordate «in possesso della necessaria idoneità e competenza». Tradotto dal burocratese significa che in “vendita” ci sono i cantieri che la Tecnis ha sparsi in tutta Italia, compreso quello di Porta Ovest. Dunque all’orizzonte non s’intravedono buone notizie per il completamento dei tunnel, che non solo decongestionerebbero il traffico dei mezzi pesanti, ma libererebbe da camion e tir pure il viadotto Gatto. Anzi, la ripresa, a pieno regione, del cantiere appare sempre più lontana, almeno alla luce delle ultime novità.
Operai delusi. Ieri, infatti, il rientro dalle ferie per i circa 25 dipendenti non è stato come immaginato: tutto fermo, nessuna novità e, per ora, si lavora solo ed esclusivamente alla manutenzione delle pompe. Al di là di qualsiasi altra considerazione, comunque, preoccupa la paralisi lavorativa, in quanto non si sa ancora quando il cantiere potrà tornare in “vita”. Anche perché dall’Autorità portuale, che ha appaltato i lavori, è stato confermato, lo scorso luglio, come non competa all’Ente il pagamento degli stipendi arretrati. Quindi, tecnicamente, la società siciliana, una volta incassati, se non tutti, almeno una parte dei crediti in sospeso (solo dalla Pubblica amministrazione deve ricevere, in totale, circa 40 milioni di euro), dovrà provvedere al pagamento dei creditori, saldando i debiti, come nel caso di Salerno, sia nei confronti dei lavoratori che dei fornitori.
La posizione dei sindacati. Ed è proprio dietro quest’aspetto che si potrebbe celare l’inghippo temuto dai sindacati, in quanto Porta Ovest rientra adesso nel calderone generale delle opere appaltate della Tecnis e, dunque, in un discorso non più localistico ma nazionale, che coinvolge altre opere in tutt’Italia. La preoccupazione maggiore è che l’opera non possa essere completata entro il 2020. «A noi interessa – spiega Patrizia Spinelli, segretario provinciale della Feneal Uil – che si torni a lavorare. D’altronde c’era stato garantito un cronoprogramma che finora non è stato ancora presentato. Confidiamo, tuttavia, nel commissario dell’Autorità portuale di Salerno, Francesco Messineo, e nel presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centrale, Pietro Spirito, di riuscire a venire fuori da questo stato d’impasse che non giova a nessuno. Anche la manifestazione d’interesse proposta dal commissario straordinario è una soluzione a lungo termine. Perché, tenuto contro della burocrazia italiana, la procedura potrebbe durare diversi mesi. E noi non possiamo permettere che il cantiere resti inoperoso per minimo altri sei mesi».

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