Porta clandestina, finisce nei guai

Il manager di un’industria conserviera di Angri aveva tentato di far entrare ragazza ghanese in Italia

ANGRI. Aveva provato a portare con sé la giovane spogliarellista conosciuta in Africa, probabilmente per intraprendere una relazione più seria, ufficialmente per motivi legati al suo lavoro, ma ha dovuto recedere per causa di forza maggiore, perché il passaporto adoperato per l’ingresso della ragazza era taroccato.

Un semplice controllo ha distrutto i sogni dell’uomo, attivo nel settore conserviero per conto di una grossa ditta dell’Agro nocerino nel continente africano, facendo scattare le manette per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso aggravati dal trasporto, con il carcere scattato immediatamente in flagranza di reato, una condanna in primo grado davanti al gup del tribunale di Civitavecchia scontata per via del rito alternativo e l’appello depositato nelle scorse settimane per ridiscutere la causa penale davanti alla corte d’appello.

Il fattaccio sentimentale venne scoperto all’aeroporto Leonardo Da Vinci, territorio compreso nella circoscrizione giudiziaria di Civitavecchia, nel gennaio 2013, quando un’occhiata di routine degli uomini della guardia di finanza, impegnati nel monitoraggio dei passeggeri in arrivo sul territorio italiano, svelò il trucco al varco doganale per i voli extracontinentali.

La ragazza, giovane e piacente, di origini ghanesi, una volta identificata, è immediatamente risalita a bordo di un aereo per il rimpatrio d’ordinanza, mentre per il malcapitato e incredulo angrese è iniziato un incubo.

L’uomo, sposato con figli e legalmente separato in Italia, aveva conosciuto sul posto di lavoro la ragazza, ventiseienne di professione spogliarellista descritta come una piccola favola nera, stringendo un’amicizia destinata probabilmente a evolvere in forme di convivenza ufficiali anche in Italia, con i progetti svaniti a causa dell’inghippo burocratico del passaporto, che ufficialmente apparteneva a una persona di nazionalità svizzera.

Gli elementi contrastanti hanno fatto scattare il sospetto e una verifica incrociata ha conclamato l’arcano: al di là delle motivazioni quel titolo di viaggio era diventato paradossalmente il punto di non ritorno del viaggio dal Ghana.

Proprio quel documento, pagato oltre quindicimila euro sul posto, secondo gli accertamenti e le ricostruzioni degli inquirenti romani, procacciato dall’imprenditore conserviero prima del viaggio di ritorno in Italia, ha fatto scattare una serie di accertamenti successivi, con l’ipotesi iniziale della procura di un giro ben più vasto di traffico di extracomunitari, ben al di là delle motivazioni personali del caso, legato all’indagato angrese. In primo grado l’uomo, arrestato il diciannove gennaio 2011 ha scelto di chiudere il suo problema giudiziario con rito abbreviato, con la condanna a due anni e quattro mesi di reclusione subito appellati dai suoi legali.

Una storia che potrebbe riservare ancora sorprese e sviluppi nei prossimi mesi. Si continua a indagare da parte della procura.

Alfonso T. Guerritore

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