L'INCHIESTA

Pontecagnano, omicidio di Marzia Capezzuti: le versioni dei Vacchiano

Barbara disse di averla data in pasto ai maiali. Il figlio minore: «Acido buttato addosso». E la confessione: «Strangolata»

PONTECAGNANO FAIANO. Sparata, data in pasto ai porci, sfregiata con l’alcol, soffocata. Ricostruire la più credibile dinamica dell’orribile omicidio di Marzia Capezzuti, la 29enne di Milano scomparsa la notte tra il 6 ed il 7 marzo dello scorso anno dalla casa popolare degli orrori, in via Verdi di Pontecagnano Faiano, è stata impresa ardua per gli inquirenti. Solo nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere (applicata a Mariabarbara Vacchiano e al compagno Damiano Noschese: per il loro figlio 15enne, all’Ipm di Nisida, procede il Tribunale per i minorenni) che il gip Alfonso Scermino ha firmato su richiesta di Licia Vivaldi, pm titolare delle indagini delegate prima ai carabinieri della Sezione operativa di Battipaglia e poi a quelli del Nucleo investigativo del Comando provinciale, vengono elencati quattro modi. Ce ne sarebbe perfino una quinta, non menzionata nel provvedimento: corrisponderebbe alla triste vanteria d’uno degli indagati, che ad un amico avrebbe riferito a telefono d’aver gettato in un cassonetto i pezzi della povera Marzia. Materiale al vaglio dei difensori degli arrestati (Pierluigi Spadafora per i coniugi, Francesco Rocciola per il minore), al lavoro per minare l’attendibilità dell’ormai celebre confessione del 15enne («Amma affucat’») nella videochiamata con la sorella Annamaria Vacchiano.
Tentato depistaggio. Pure per questo il gip rende merito al «grande lavoro investigativo» che «superava svariati tentativi di depistaggio, riuscendo a squarciare il velo di omertà e diffidenza dietro cui si trinceravano i responsabili». 

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