Pochi terreni per gli scarti Bufale a rischio riduzione 

La denuncia di Adele Amirante (Pmi): «È urgente convocare un tavolo tecnico Non c’è spazio per smaltire i reflui zootecnici che finiscono per inquinare il Sele»

CAPACCIO PAESTUM. Smaltimento dei reflui zootecnici: la presidente Pmi Salerno, Adele Amirante, del comparto costituito dai Comuni di Capaccio Paestum, Contursi Terme, Oliveto Citra e Agropoli, chiede con urgenza un tavolo tecnico con amministratori e imprenditori. «È necessario discutere – afferma la referente delle piccole e medie imprese, Amirante – di un grande problema che riguarda soprattutto Capaccio Paestum. Non ci può essere sviluppo per il territorio, sia esso industriale, agricolo, turistico o economico senza la risoluzione del problema annoso degli scarti delle bufale e del siero del latte. I terreni non riescono ad assorbire più tali scarti, che finiscono direttamente nelle falde acquifere e da qui arrivano ad inquinare, in alcuni periodi, anche il mare attraverso il fiume Sele. Per anni si sono presentati progetti solo mediatici senza arrivare a soluzioni concrete».
Capaccio Paestum, rispetto alle aziende e i capi bufalini presenti ha una superfice disponibile, in termini di terreni da utilizzare per lo spandimento, non sufficiente. La legislazione europea (direttiva nitrati) fissa la quantità di liquami spandibile su terreno in 170 chili annui per ettaro. Quindi per spandere le circa 3000 tonnellate di letame, prodotto ogni anno negli allevamenti occorrerebbero 17.000 ettari di terreno coltivabile. Ma il comune capaccese possiede soltanto 5.169 ettari utili. Lo smaltimento dei reflui zootecnici è proporzionato al numero di capi rispetto ai terreni disponibili.
La normativa impone che per ogni sei capi adulti (ognuno dei quali produce circa 40 chili di letame al giorno) è necessario un ettaro di terreno. Se si tiene conto che l’allevamento più piccolo conta almeno 200 capi è facile quantificare la consistenza di fondi di cui necessita un allevatore che, spesso, prende i terreni in fitto per adibirli allo scopo. Lo spargimento, inoltre, è possibile solo in determinati periodi dell’anno. Il rischio è l’inevitabile riduzione dei capi bufalini con gravissime ricadute sull’economia locale. «L’obiettivo è cercare di risolvere al meglio il problema – conclude Amirante - e dare così il via allo sviluppo che Capaccio e gli altri comuni limitrofi meritano».
Lo smaltimento dei liquami zootecnici sta assumendo dimensioni effettivamente sempre più preoccupanti, e crea disagi notevoli agli allevatori. E, non manca chi, per risolvere la problematica, viola tutte le normative ambientali, scaricando i reflui nel Sele ed altri corsi d’acqua. Si tratta di rifiuti con un’elevata concentrazione di azoto e fosforo, inquinanti per l’ambiente. Il territorio è sede dell’importante filiera del latte di bufala che ha creato una delle migliori attrattive di qualità. In effetti, a Capaccio vivono più bufale che residenti. A Gromola e Foce Sele insiste il 60% dei capi. Un segmento della filiera agro-alimentare rappresentato da 146 aziende zootecniche, che posseggono 24.738 capi, di cui 2.324 bovini e 22.414 capi bufalini.
Angela Sabetta
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