Pm, giornali e presbiteri Anatema in un libro choc

Due anni fa il duro j’accuse al magistrato che aveva istruito la delicata inchiesta Nel mirino anche 3 preti che su una spiaggia di Paestum brindarono al sequestro

Il “cattivo” è il pubblico ministero Roberto Penna, reo di essersi avventurato in una vicenda «che coinvolge il vescovo diocesano», per la quale «occorre un supplemento di saggezza e prudenza, oltre alla competenza professionale». Ma soprattutto di aver trascurato «il rispetto che si deve, prima di ogni altra cosa, alla dignità dell’uomo, di ogni uomo».

Nel libro nel quale appena due anni fa l’arcivescovo emerito Gerardo Pierro ripercorse le tappe del suo iter giudiziario (“Una vicenda amara lunga cinque anni per servire la comunità”), il sostituto procuratore di Salerno - che avviò l’inchiesta e ottenne il sequestro dell’Angellara Home eseguito dai militari della sezione di Pg della Guardia di Finanza - è però in buona compagnia.

Con il magistrato (da anni impegnato nel settore dei reati contro la pubblica amministrazione), infatti, finirono la stampa locale, che «non è mai stata amica» e persino i presbiteri.

In particolare «tre di essi, noti in città, in vacanza con alcuni laici in un camping di Paestum», che alla notizia del sequestro del Villaggio «brindarono felici».

Con loro spunta la Congregazione per i vescovi che «ha le sue responsabilità, sia perchè ha accolto e dato ascolto ai ribaldi di turno, sia per non aver mai convocato vescovo e presbiteri indagati, che avevano il diritto di essere ascoltati».

L’autore è un fiume in piena e, nella quarantina di pagine date alle stampe per i tipi delle Arti grafiche Landi di Baronissi, non risparmiò nessuno: dagli esponenti della diocesi che si recarono a Roma per consegnare nelle mani del cardinale Re un dossier sul suo conto all’ex presidente dell’Istituto interdiocesano per il sostentamento del clero, che aveva chiesto la gestione della spiaggia dell’Angellara «perché mirava solo agli interessi economici, tradendo il fine sociale e caritatevole dell’opera».

Il j’accuse proseguì nel capitolo quattro, “Una sentenza anomala: assoluzioni e condanne”, in cui le colpe ricadevano sulla giustizia italiana e su quei «pm intraprendenti che non esitano un istante a dare in pasto alla pubblica opinione vicende giudiziarie create ad arte che poi si dissolvono come per incanto». C’era ancora un processo di secondo grado da affrontare (quello conclusosi ieri sera con la dichirazione di prescrizione del reato), nel frattempo Pierro ribadiva e motivava «la richiesta di risarcimento erga omnes», risarcimento che «com’è noto, sarà devoluto per beneficenza o per scopi umanitari». Ma per questo bisognerà attendere la Cassazione.

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