IL DOSSIER

Pirati delle doppiette, Salerno capitale

Il rapporto choc sulle attività venatorie illegali. Torre (Enalcaccia): «Non siamo bracconieri, noi proteggiamo la fauna»

SALERNO - La provincia di Salerno - assieme a quella di Roma - seconda in Italia per bracconaggio e attività venatorie illegali. Questi i dati che emergono dall’annuale rapporto del Cabs, Committe agaist bird slaughter, Comitato contro il massacro degli uccelli, sui reati venatori. Lo studio prende in esame le comunicazioni istituzionali delle forze dell’ordine, stampa accreditata, interventi delle Guardie venatorie volontarie e trae un bilancio a livello nazionale di cosa debbano aspettarsi quest’anno gli animali selvatici. Il report include i dati compresi dal primo febbraio 2019, giorno successivo alla chiusura della caccia, fino al 31 gennaio del 2020. Sono stati 434 gli eventi contro la fauna selvatica (59% in danno di quella alata, 25% contro mammiferi e restante parte riguardante sequestro munizioni, caccia in periodo di divieto in particolare) per un totale di 1147 denunciati, in calo rispetto agli anni precedenti. Il 34% delle violazioni hanno riguardato specie protette, il 17% l’uso di trappole, il 17% l’attivazione di richiami elettromagnetici, l’11% il mancato rispetto del periodo di divieto, l’8% altri richiami illegali, il 7% la caccia in area di divieto e il 3% le armi modificate. I bracconieri prediligono nel 29% gli uccelli rapaci. Il 63% dei bracconieri sanzionati erano cacciatori con licenza, il 34% senza. Il 72% dei reati venatori vengono registrati nei cinque mesi di svolgimento della stagione di caccia.

Il caso Campania. Sono stati registrati il 13% dei denunciati per reati venatori nazionali, al secondo posto dopo la Lombardia (31%). Se il Bresciano assomma il 23% delle violazioni è al primo posto in Italia, al c’è la provincia di Salerno (assieme a quella di Roma) con il 5% dei reati, seguita da Napoli (3%), al terzo posto assieme a Catanzaro, segue Caserta (2%) con altri sette territori provinciali, e poi l’Avellinese con l’1% e un dato inferiore il Beneventano. Nell’Avellinese diffuse le trappole per ungulati (i cinghiali ad esempio), nel Casertano si spara contro uccelli acquatici dai capanni nelle aree umide. Nel bracconaggio in danno ai fringillidi praticato nelle province di Caserta, Napoli e Salerno, c’è l’utilizzo di richiami elettromagnetici. In tutta Italia i controlli sono insufficienti per personale impiegato, specie per la riduzione degli organici delle polizie provinciali con la riforma Del Rio. In Campania la situazione è peggiore, con soltanto 230 persone nei corpi specializzati a tutela dell’ambiente, solo in minima parte dedicati alla vigilanza venatoria. Da rilevare come la Campania ospita uno dei sette blackspot del piano nazionale antibracconaggio del Ministero dell’Ambiente.

La replica dei cacciatori. Uno degli storici rappresentanti del mondo dei cacciatori in Italia è il professor Dino Torre, presidente di Enalcaccia Salerno. «È interesse dei cacciatori proteggere la fauna e molte delle alterazioni degli equilibri naturali sono frutto della limitazione della caccia – afferma Torre – e non bisogna confonderli con i bracconieri che operano nell’illegalità. Nel 1992, solo la provincia di Napoli contava oltre 50mila cacciatori, attualmente in tutta la Campania non si arriva a 40mila e quest’anno si scenderà sotto le 20mila unità nel Napoletano, i 10mila nel Salernitano e altrettanto nel Casertano, i cinquemila nell’Avellinese e i tremila nel Beneventano. Aumentano parecchio gli abusivi». E Torre aggiunge: «La riduzione del numero di cacciatori è stata causata dall’allargamento di parchi, ad esempio quello del Cilento è il secondo in Europa per estensione, dal costo del porto d’armi, dalla riduzione del periodo di caccia, ormai la metà di quello di un tempo, dalla diminuzione della selvaggina causata dai pesticidi e diserbanti e dal bracconaggio. Meno cacciatori ha comportato la riduzione di alcune specie divorate dai rapaci o dai gabbiani. Aumentano anche gli storni che danneggiano oliveti e vigneti». Il presidente di Enalcaccia Salerno sottolinea: «Resistono i cacciatori dei cinghiali, ungulati che ormai invadono anche le città, come capita a Salerno. Altro problema sono poi i lupi, specie nell’Avellinese, con danni alla pastorizia. Con la Covid 19 si sono fermati i progetti per far diventare sempre più i cacciatori impegnati nella tutela dell’ambiente e dalla caccia di frodo».

Salvatore De Napoli