economia e tradizione

Piccola grande flotta Di Cetara gli specialisti della pesca del tonno

CETARA. Cinque imbarcazioni attrezzate per la pesca, con il sistema della “circuizione”, del tonno rosso, contro le altre sette (tre di armatori salernitani) presenti in tutta Italia. Sono i numeri...

CETARA. Cinque imbarcazioni attrezzate per la pesca, con il sistema della “circuizione”, del tonno rosso, contro le altre sette (tre di armatori salernitani) presenti in tutta Italia. Sono i numeri della flotta tonniera di Cetara, composta dai pescherecci Vergine del Rosario, Sparviero, Maria Antonietta, Genevieve e Angela Madre. Nonostante la crisi di qualche anno fa, che ha portato a convertire o rottamare altre barche, la flotta del caratteristico paese della Costiera amalfitana resta sempre la più grande della Penisola e tra le più “potenti” del Mediterraneo. Anche perché la pesca del tonno più che una attività economica è un rito, che si tramanda a Cetara da padre in figlio, e che ha visto crescere intere generazioni. Ed è un lavoro che, negli anni d’oro, ha visto coinvolto quasi tutto il paese, la cui economia, soprattutto nello scorso secolo, è stata incentrata sulle “tonnare”, tanto da diventare un elemento caratteristico e distintivo della cittadina.

Anche ora, comunque, l’indotto impiega circa cento cetaresi, impegnati sia sui pescherecci che sulle barche d’appoggio, che vanno a “pesca” dal 26 maggio al 24 giugno, tra la Sicilia e Malta, senza possibilità di recupero. In pratica se non si riesce a catturare la quota tonno spettante non c’è possibilità di ritornare in mare. «Basta che le condizioni meteo siano sfavorevoli – spiega Gilles Pappalardo, comandante della Genevieve – e tutti i nostri sacrifici, anche economici, sono vani».

Quest’anno è stato confermato dall’Iccat, l’organizzazione internazionale che gestisce la pesca del tonno e delle specie affini, la quota all’Italia del 2013, pari a circa 1950 tonnellate. «Non abbiamo voluto chiedere un aumento – evidenzia Pappalardo – non perché scarseggi il tonno, che anzi c’è in abbondanza, ma per non far abbassare ulteriormente il prezzo». Che attualmente dovrebbe andare dai dieci ai dodici euro al chilo, con una diminuzione sensibile rispetto a soli due anni fa. «In primavera saranno stipulati i contratti – conclude Pappalardo – con i commercianti europei che poi rivenderanno ai giapponesi».

Gaetano de Stefano

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