Piazza Amendola, da anni il cuore politico della città

Fu realizzata sul finire degli anni Trenta e intitolata a Italo Balbo Intorno al progetto si creò un acceso dibattito tra “palazzinari” e “giardinieri”

SALERNO. Piazza Amendola, un luogo simbolo di Salerno, della sua storia e dei suoi protagonisti. A commentare l’immagine dello slargo, in uno scatto della prima metà del Novecento è Alfonso Conte, del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Salerno. «La piazza – spiega Conte – nasce tra la fine degli anni ’30, quando si completa la costruzione del Palazzo di Città, e il 1941, quando sono ultimati i lavori per la realizzazione del Palazzo del Littorio, destinato ad ospitare il segretario federale ed i vertici provinciali del Partito Nazionale Fascista. Appena nata, la piazza fu intitolata del Littorio, ma l’emozione suscitata dalla scomparsa di Italo Balbo (abbattuto con il suo aereo dagli inglesi nel cielo della Libia il 28 giugno 1940) comportò una nuova intitolazione. Seppure per pochi anni, piazza Italo Balbo si caratterizzò come la “piazza politica” della Salerno fascista».

Con la caduta del fascismo la piazza mutò subito intitolazione: «Dopo il 25 luglio 1943, ed ancor più dopo l’8 settembre – prosegue Conte – sia le camicie nere, sia i fregi e le scritte furono frettolosamente rimosse; allo stesso tempo, uno dei primi provvedimenti della Giunta provvisoria autorizzata dal Governo alleato ad assumere le responsabilità dell’amministrazione fu quello di abolire l’intitolazione della piazza all’eroe fascista e di sostituirla con una dedicata ad un martire antifascista, Giovanni Amendola, deputato liberaldemocratico eletto nel 1919 e nel 1921 nel collegio di Mercato San Severino, il quale aveva avuto profondi legami con Salerno, sia politici, sia familiari, finito vittima nel 1926 delle violenze di squadristi fascisti».

Fin dall’immediato dopoguerra, piazza Amendola conservò il carattere di “piazza politica” e, fino agli anni ’70, tanti leader di livello nazionale e locale di partiti e sindacati hanno tenuto in città i loro comizi proprio in questa piazza.

Conte prova a fornire una datazione della foto che «potrebbe risalire al 1944: in tal senso mi pare concordino anche i modelli delle poche auto parcheggiate, probabilmente a disposizione delle autorità; siamo, evidentemente, alla vigilia del boom della Seicento e la vecchia filovia, collegata all’ecologica rete elettrica, soddisfa le esigenze di mobilità di tutti, senza traffico caotico ed aria irrespirabile. Che nostalgia».

Le emozioni aprono anche ad una nota critica, che attiene al taglio dell’albero che campeggiava nella piazza: «In considerazione anche delle dimensioni, soprattutto rispetto a quelle degli alberelli piantati intorno, è probabile che il grande albero al centro della piazza, tagliato un paio di anni fa perché di disturbo durante i concerti, in origine facesse parte della Villa comunale e fosse sopravvissuto all’edificazione degli anni ’20 e ’30, in virtù del provvedimento che aveva autorizzato la riduzione dei giardini, a condizione di non abbattere alberature pregiate». Anche perché, l’intera zona era nata rubando spazio ai giardini pubblici più grandi della città, la qual cosa creò non poche polemiche: «All’epoca il dibattito fu molto acceso tra “palazzinari” e “giardinieri”, come definiti dalle cronache del tempo i sostenitori e gli avversari del progetto impegnati nella cosiddetta “questione dei tre palazzi”: Natella, dell’Edilizia e di Città».

Paolo Romano

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