Piano ecoballe, la Regione cerca le cave

Dovrebbero essere una a Salerno e una a Caserta: servirebbero a seppellire le ceneri dei rifiuti bruciati nel cementificio

Cave per seppellire le ceneri delle ecoballe: sono quelle che starebbero cercando i tecnici della Regione Campania su input del governatore De Luca che, dopo aver incassato anche il sostegno politico ed economico – a settembre si dovrebbero conoscere anche le cifre - del premier Matteo Renzi, vuole imprimere un’accelerazione e partire quanto prima con il piano di eliminazione delle sei milioni di tonnellate di ecoballe stoccate dal 2007 in una decina di siti di stoccaggio ubicati tra le province di Salerno, Napoli e Caserta. Il piano prevede che le ecoballe siano bruciate nei cementifici.

In attesa dei fondi statali, sono stati già messi a disposizione 20 milioni di euro. Il mandato che i tecnici regionali hanno ricevuto da palazzo Santa Lucia è stato preciso: bisogna trovarne almeno due di cave. Una a Salerno, l’altra a Caserta, possibilmente nelle vicinanze dei due cementifici gestiti dal gruppo Italcementi, dove non tira una bella aria per via del ridimensionamento voluto dalla holding italiana per far quadrare i conti e contenere gli effetti della crisi nel settore dell’edilizia. In entrambi i siti, i lavoratori sono in cassa integrazione da più di un anno e adesso sono in agitazione dopo il passaggio dell’azienda nelle mani della tedesca Heidelberg Cement. L’arrivo delle ecoballe e l’aggiornamento del piano regionale per le attività estrattive, promesso dal vice presidente della giunta regionale, Fulvio Bonavitacola, salverebbe i posti di lavoro e consentirebbe anche la ripartenza delle attività di produzione del clinker (il componente base per la produzione di cemento), ferma da quando entrambi gli impianti sono stati declassati a centri di macinazione. «Il css (combustibile solido secondario)– ha detto Bonavitacola – può essere bruciato nei cementifici che rispettano tutti i parametri ambientali». Il numero due di Palazzo Santa Lucia parla con cognizione di causa, sapendo di non fare nulla di sbagliato anzi, risolvendo il problema in modo rapido senza spendere altri soldi per costruire nuovi inceneritori. A sbarrare la strada all’idea di bruciare le ecoballe nei forni dei cementifici, c’è il decreto legge firmato dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che diede il via libera alla combustione di css nei cementifici, cancellandolo dalla categoria dei rifiuti. Contro quel decreto da due anni si batte l’Isde, l’Istituto internazionale dei medici per l’Ambiente, che alla fine del 2014 ha inviato una dettagliata relazione alla direzione generale per l’Ambiente dell’Unione Europea. «I cementifici – ha spiegato Gaetano Rivezzi, presidente regionale dell’Isde – sono tecnologicamente desueti e tollerano filtri che non riescono a trattenere le polveri prodotte dal css. Le emissioni rilasciate sono dieci volte superiori a quelle che possono venire fuori da un inceneritore tradizionale. Inoltre, la presenza di più polveri finirà per creare quello che noi chiamiamo “effetto cocktail”, una vera e propria miscela esplosiva per salute dell’uomo e per l’ambiente. Quella delle ecoballe – ha proseguito – è un’operazione che serve soltanto a far sopravvivere questi impianti che senza i contributi pubblici, come i Cip 6, sarebbero destinate a chiudere». Rivezzi si è detto pronto a presentare anche una denuncia penale, sfruttando la nuova norma sugli ecoreati, se questo disegno sarà compiuto, ma allo stesso tempo ha teso una mano a De Luca. «Siamo pronti – ha concluso Rivezzi - a collaborare per trovare una soluzione alternativa». E di soluzioni alternative, parleranno questa sera gli attivisti del comitato di associazioni “No all’inceneritore”.

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