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Pestaggio “esemplare” per punire uno sgarro

PAGANI. Il processo confermò i riconoscimenti fotografici effettuati dalla vittima-denunciante Prisco Ceruso, bersaglio della violenza dei giovani della Lamia, senza cadere in contraddizioni...

PAGANI. Il processo confermò i riconoscimenti fotografici effettuati dalla vittima-denunciante Prisco Ceruso, bersaglio della violenza dei giovani della Lamia, senza cadere in contraddizioni significative.

Ceruso fu rinvenuto sanguinante, dolente e terrorizzato dai carabinieri, accettando di andare in ospedale solo sotto scorta, con gravi ferite di schiacciamento del setto nasale, ecchimosi e contusioni, come evidente dalle foto scattate daii carabinieri con la conferma del referto rilasciato dal pronto soccorso.

«Il riferimento all’identità degli imputati è preciso, costante e ribadito anche dal contoresame», spiegano le motivazioni. Ceruso ricordò in aula i dettagli del pestaggio, singoli colpi, il prelievo da Barbazzano alla Lamia e l’azione di gruppo. Tutto accadde il 28 aprile del 2010. «L’uomo -scrive il giudice Domenico Diograzia nelle motivazioni della sentenza di primo grado - fu costretto per un apprezzabile lasso temporale a sottostare alla violenza esemplare del gruppo, integrando il delitto di sequestro di persona visto che nessuna possibilità di movimento era concessa alla vittima«. Oltre i soggetti indicati in prima fase come partecipanti all’aggressione nel cortile, poi condannati, il figlio del boss Tommaso Fezza, allora minore, Gaetano Fezza, stralciato, Vincenzo Buonocore, Giuseppe De Vivo, Vincenzo Pepe, Alfonso Scarpino, Ciro Califano, Antonio Nacchio, sono concorrenti morali anche Vincenzo Califano e Valerio Damiano. Il processo si chiuse con tre anni di carcere per Vincenzo Califano, Ciro Califano, Valerio Damiano e Vincenzo Pepe, con quattro anni e otto mesi per Alfonso Scarpino, Vincenzo Buonocore, Giuseppe De vivo, Antonio Nacchio.

La sentenza rappresenta un vaglio di credibilità, seppur in presenza di una personalità criminale, con precedenti per droga e violenza, per il collaboratore di giustizia Prisco Ceruso, sentito anche al processo Gambino e al processo Guerra Lampo. Proprio il procedimento gemello così ribattezzato, chiuso un mese fa a carico di quattro imputati, con il coinvolgimento in una vicenda praticamente gemella rispetto a quella legata a “Prisculillo” di Giuseppe De Vivo, Gaetano Fezza (ancora minore all’epoca) e Vincenzo Califano, insieme a Salvatore Attianese e Daniele Confessore, riproponeva l'impianto del pestaggio con sequestro, ma con l’aggravante del metodo camorristico.

(a. t. g.)

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