l’allarme

Pericolo amianto alla Ginestra

I residenti nei container pronti a chiamare l’Arpac per le verifiche

Nessuna soluzione per trasferire le famiglie dai container delle Ginestra, la parola passa ora all’Arpac che dovrà esaminare l’indice di pericolosità dell’amianto. Restano dunque sempre nel degrado i prefabbricati alla Ginestra, nonostante il sopralluogo di un mese fa da parte dell’assessore all’ambiente, Fortunato Palumbo, e di altri politici che promisero un interessamento. Da quel giorno, però, l’unica novità è stata il taglio dell’erba.

Ora però i residenti sono stanchi della situazione e si dicono pronti a contattare l’Arpac perché rilevi l’eventuale presenza di polveri sottili nell’area dei container.

Tra l’altro il sito della Ginestra è anche in balìa di vandali e gruppi di extracomunitari che di notte circolano tra i container vuoti. E ancora oggi sul posto, oltre al sospetto della presenza di eternit e lana vetro, ci sono contatori dell’energia elettrica ancora in funzione e questo rende facile occupare e in qualche caso saccheggiare i container vuoti. Le stesse famiglie che ancora vivono alla Ginestra, in attesa di passare nelle nuove case in costruzione, hanno battezzato l’area che li ospita con il nome di “Olocausto”.

L’accorato appello che la gente del posto rivolge all’amministrazione Galdi è quello di non sperperare soldi per ripristinare le condizioni di sicurezza alla Ginestra, ma quello di trovare una soluzione per spostare al più presto le venti famiglie, anche quelle che sono state escluse dalla graduatoria per vizi di forma, che gradirebbero il trasferimento nelle case parcheggio di via Luigi Ferrara a Pregiato. Delle venti famiglie ancora nei container della Ginestra, solo sei, destinate a Santa Lucia, dovrebbero lasciare quel sito entro ottobre, salvo problemi burocratici. Per le altre quattordici famiglie si prevedono invece tempi di attesa particolarmente lunghi, anche di un anno.

La situazione attuale non conviene al Comune anche da un punto di vista strettamente finanziario: il suolo sul quale oltre trent’anni fa sono sorte le baracche, infatti, appartiene a dei privati ed a loro l’amministrazione comunale deve corrispondere circa 36mila euro annui. Per questo motivo, da parte del Comune dovrebbe esserci tutto l’interesse a liberare quell’area, non solo per garantire una degna sistemazione alle famiglie che ancora risiedono in quella zona.

Annalaura Ferrara

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