IL COMMENTO

Perché a Eboli farebbe bene un centro islamico

Sarebbe uno spazio funzionale all’integrazione e al dialogo

Perché sarebbe importante costruire un centro islamico, con relativa moschea, a Santa Cecilia, frazione del Comune di Eboli, zona di residenza e lavoro di una parte della popolazione musulmana del territorio? Fuori da ogni strumentale propaganda è possibile individuare molte motivazioni: qui se ne presentano cinque, elaborate nel confronto con alcuni abitanti della zona di nazionalità marocchina e algerina, tra cui Rachid Bensadi, responsabile immigrazione della Flai-Cgil di Salerno.

In primo luogo, per costruire condivisione. Istituire un centro islamico significa dotarsi di uno spazio di incontro, volto anche a far conoscere l’Islam oltre la comunità dei fedeli. Un centro islamico svolge funzioni di carattere sociale e culturale (ad esempio, organizzando la scuola coranica, conferenze, attività formative) e di rappresentanza istituzionale dei musulmani e ospita anche la moschea, spazio per la preghiera collettiva. Dunque, si tratta di un luogo di culto ma anche di ritrovo, in cui potere realizzare attività non limitate necessariamente alle persone di fede islamica, ma aperto a tutti per specifiche iniziative.

In secondo luogo, costruire una moschea significa affermare una presenza sociale, oltre che religiosa. In questo senso, la domanda dovrebbe essere posta al contrario, chiedendosi come mai il progetto di un centro islamico si manifesti solo dopo oltre 30 anni di insediamento stabile di persone di religione musulmana nella piana del Sele. Questo progetto è l’espressione della volontà della popolazione musulmana di essere, ed essere riconosciuta, parte integrante della società locale, espressione della sua storia recente e futura.

In terzo luogo, costruire un centro islamico significa andare oltre la funzione economica a cui la popolazione musulmana immigrata è normalmente limitata, per affermarsi nella sua complessiva umanità, sociale e culturale. Come tutte le altre persone, marocchini, algerini, berberi, pakistani, maliani hanno una vita al di là dei luoghi di produzione, con il bisogno, e il diritto, di avere spazi adeguati di incontro oltre che di preghiera.

In quarto luogo, la costruzione di un centro islamico significherebbe dare visibilità alle istituzioni sociali già create dai musulmani nella piana del Sele. A Santa Cecilia e a Battipaglia sono attive già due moschee, collocate, però, in locali piccoli. Costruirne una di dimensioni maggiori e più accessibile darebbe un contributo a fare uscire i musulmani dalla marginalità simbolica e sociale in cui sono collocati, finalmente al pari di tutti gli altri, non più relegati in un angolo nascosto.

Infine, un’ulteriore ragione a sostegno di una moschea visibile e riconoscibile a Santa Cecilia riguarda la sua vicinanza ai luoghi di vita della popolazione. Gli spazi per il culto e le attività comunitarie si costruiscono dove vivono le persone, erigerli lontano ha senso solo per motivi specifici, non validi in questo caso, anche perché la stragrande maggioranza dei fedeli non ha un’auto e si sposta in bici.

Questi sono solo alcuni dei motivi individuabili, illustrati nella speranza che società e politica locale si vogliano confrontare seriamente con questo progetto, riconoscendo, dopo troppi anni, i musulmani come parte della popolazione della piana del Sele e non come corpo separato utile solo nei campi o negli allevamenti e per l’arricchimento, in combinazione con il lavoro di molte italiane e italiani, di tante aziende agricole.

Chi è interessato a migliori condizioni di vita per tutte e tutti, comprese quelle del lavoro dipendente, non può che trovare nel progetto del centro islamico a Santa Cecilia un’opportunità, lasciando la propaganda a chi non vuole affrontare le richieste che provengono da chi abita il territorio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA