il radicale Salzano

«Per non essere stipati come sardine bisogna aver commesso reati gravi»

Un viaggio lungo 20 anni nella casa circondariale di Salerno. È quello compiuto da Donato Salzano, segretario dei radicali dell’Associazione “Maurizio Provenza”, che dal 1996 è un assiduo...

Un viaggio lungo 20 anni nella casa circondariale di Salerno. È quello compiuto da Donato Salzano, segretario dei radicali dell’Associazione “Maurizio Provenza”, che dal 1996 è un assiduo frequentatore, in veste di visitatore, del penitenziario. Salzano, perciò, conosce a menadito tutti i problemi della struttura e, da anni, si batte per i diritti negati ai detenuti. L’ultima ispezione l’ha effettuata, in compagnia del parlamentare Michele Ragosta e dell’assessore comunale Mariarita Giordano, pochi giorni fa, lo scorso primo novembre. E, pertanto, è aggiornato sia sull’attuale capienza del carcere che sulle difficoltà che accompagnano i detenuti nel corso della loro permanenza.

Salzano il sovraffollamento è sempre un comune denominatore?

Purtroppo sì. Però bisogna fare delle distinzioni. Mentre i reparti di alta sicurezza e femminile sono stati ammodernati e messi a norma, non si può dire lo stesso per quello dei reati comuni, dove si registra la maggior presenza di ospiti. E, di conseguenza, anche la problematica del sovraffollamento. Attualmente, rispetto ad una capienza legale di 380 persone, dietro le sbarre ci sono “solo” 407 reclusi. Scendendo nei particolari 46 sono ospitati nel reparto femminile, 67 in quello di alta sicurezza e 250 nel braccio reati comuni. E per potere avere un’idea figurata di come sia sempre affollato, è sufficiente ricordare come sia composto da piano terra, primo e secondo piano, mentre le altre 2 sezioni solo da piano terra e primo piano.

Soffermiamoci dunque sul reparto reati comuni. Come vivono i detenuti in cella?

Sicuramente non bene, in quanto non v iene rispettata la sentenza Torreggiani, in base alla quale è stato stabilito che ognuno delle persone presenti in cella debba avere a disposizione 3 metri quadri di spazio, al netto delle suppellettili. E questo parametro nel carcere di Salerno, nella maggior parte dei casi, non è rispettato, poiché in poco spazio ci sono anche 6 detenuti.

Per assurdo, dunque, sta meno peggio chi ha compiuto reati più gravi.

È proprio così. Oppure, per non essere stipati come sardine, bisogna essere donna. Anche se, quando per la prima volta varcai il cancello della casa circondariale, nel 1996, rimasi impressionato dai bagni a vista che c’erano nel reparto femminile. Una bruttura che fortunatamente è stata eliminata grazie alla battaglia portata avanti da Rita Bernardini, che è riuscita a far togliere questa vergogna.

Perché, secondo lei, nel terzo millennio la questione del sovraffollamento non è stato ancora risolto?

È evidente come a Salerno ci sia qualcosa di anomalo al Palazzo di giustizia. Non è possibile, infatti, che il distretto giudiziario sia sistematicamente, ogni anno, al primo posto in classifica per la lentezza dei procedimenti penali. E ancora non si può più tollerare che il Tribunale di sorveglianza, per quanto riguarda i giorni di premialità, che devono essere scalati dal computo totale della condanna, emetta l’ordinanza a pena finita.

In tutti questi anni in cui ha ispezionato la casa circondariale di Fuorni, c’è un problema che si è presentato dinanzi ai suoi occhi ogni volta che è entrato nella struttura?

Mi dispiace dirlo ma l’assistenza sanitaria nel carcere di Salerno è sempre all’anno zero. Eppure i detenuti oggigiorno sono equiparati dalla legge, in materia sanitaria, ai liberi cittadini. Ma questo status non vale per i detenuti del penitenziario salernitano, in quanto non vengono assolutamente garantiti i livelli essenziali d’assistenza. Ieri come oggi. Nell’ultimo sopralluogo abbiamo potuto accertare come sia fuori uso la sedia odontoiatrica e come per avere una visita specialistica ci sia una lista d’attesa di oltre un mese. E, ancora, c’è da denunciare la carenza dei farmaci, con i detenuti costretti ad acquistare esternamente le medicine per la loro terapia.

©RIPRODUZIONE RISERVATA