La testimonianza

«Per le attività salvavita l’Asl deve intervenire»

Il titolare del centro polispecialistico Check-up: «I pazienti si fidano di noi» E sulle migrazioni sanitarie: «Facile puntare il dito, ma il territorio cosa offre?»

SALERNO. Il centro polispecialistico Check up della zona industriale, è uno dei pochissimi a effettuare prestazioni di radioterapia, curando oltre sessanta malati di tumore al giorno, provenienti, da Salerno e provincia, da Napoli, Benevento, Caserta, ma anche dalla Calabria e dal Lazio. I due milioni e 225mila euro stanziati per il 2016 già ad agosto erano finiti. «La radioterapia, come l’emodialisi, rientra nelle cosiddette prestazioni salvavita – spiega il titolare Antonio Borsellino – Che si fa? Dobbiamo dire ai nostri pazienti di rivolgersi altrove? Non è semplice, anche perché chi sceglie una struttura lo fa fidandosi della professionalità di chi opera e della qualità delle apparecchiature utilizzate. Tra l’altro si tratta di terapie costosissime che fanno in pochissimi». Borsellino presenterà già nella giornata di oggi una richiesta di integrazione all’Azienda sanitaria locale: «Se dovessero risponderci negativamente, allora la cosa si fa seria. Noi usiamo tecniche all’avanguardia, siamo molto apprezzati perché abbiamo sempre fatto un discorso di eccellenza e garantiamo tempi di attesa di massimo 20 giorni, quando è purtroppo noto che in ospedale si arriva fino a sei mesi».

I motivi sono tanti: non si investe in personale, non si spende per la tecnologia, non si mette in soldoni il pubblico nelle condizioni di essere capace di dare una risposta adeguata e veloce a un’utenza in continua crescita. Che quando può, soprattutto rispetto a patologie importanti, non esita a scappare oltre i confini regionali: «Questo meccanismo costa dai trecento ai trecentocinquanta milioni l’anno – incalza Borsellino – Ma il presidente De Luca fa presto a dire che bisogna risparmiare tagliando sulle cosiddette migrazioni sanitarie. Chiediamoci invece se sul nostro territorio c’è lo stesso livello di assistenza, in termini qualitativi e di servizi, che troviamo in tante altre regioni d’Italia. Al nord, per fare un esempio, ci sono diverse tecnologie avanzate che sono state inserite nei Lea (livelli essenziali di assistenza) dal nomenclatore tariffario. Questo significa che un cittadino può usufruire di una diagnostica più avanzata senza doversi necessariamente svenare. Da noi, invece, non è possibile. Quindi la migrazione sanitaria diventa per molti l’unica strada percorribile, con buona pace degli appelli del nostro presidente della Regione a risparmiare».

Un esempio è la radioterapia stereotassica (al Check-up c’è), terapia che, in assenza della revisione dei Lea non trova corrispondenza nell’attuale nomenclatore tariffario (risalente al 1996). I centri convenzionati con le Aziende sanitarie locali, pertanto, navigano a vista. E per i pazienti va anche peggio. Perché anche di fronte all’emergenza, le cure migliori e soprattutto quelle ottenute con la minore attesa possibile, rischiano di essere appannaggio solo di chi può permettersi di affrontare spese di viaggio e permanenza in un luogo lontano dalla propria residenza. «Purtroppo ci sono troppe storture – stigmatizza il medico – e per quanto banale sia, la triste verità è che sono i malati a farne le spese».

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