«Per lavorare ho pagato la camorra»

Il racconto dell’imprenditore Alfonso Persico, ora collaboratore di giustizia, sui rapporti tra i clan e la politica a Pagani

PAGANI. 250 pagine di fatti, riscontri e nomi coinvolti in un decennio di affari criminali paganesi. Il racconto depositato agli atti del procedimento “Criniera” dalla Dda è del collaboratore di giustizia Alfonso Persico, imprenditore edile divenuto prima bersaglio, poi riferimento e infine vittima del clan più ignorato, rimasto inspiegabilmente fuori dalle indagini per quanto riguarda il ruolo dei suoi capi, i fratelli Antonio e Michele Petrosino D’Auria, indisturbati dal 2004 al 2011.

La cosca della Lamia è protagonista dei fatti narrati dal costruttore. Le sue parole riportano quelle di Antonio, al vertice della cosca fin dal 2002, in grado di gestire la consorteria con modalità camorristiche e imprenditoriali, col fratello a rapportarsi con la politica, senza escludere scambi di ruoli. «Possiamo abbracciare i lavori pubblici – mi disse Antonio – perché adesso io a Gambino lo tengo sotto, gli ho dato una mano e si deve fare quello che dico io». Il rapporto dei capiclan con i politici era fuori discussione, avvalendosi anche di personaggi finora rimasti fuori dalle indagini, politici di centrosinistra, funzionari e tecnici comunali. Persico riferisce di una richiesta fatta da Gambino per un incontro sicuro con Antonio D’Auria Petrosino. «Mi vorrebbe parlare – riferì il boss - io dovrei essere il cattivo della situazione, avete visto, eppure tutti vogliono vedermi».

L’altro fratello Michele nel 2002, con Antonio detenuto, avrebbe firmato personalmente una richiesta estorsiva allo stesso Persico, al suo primo lavoro in via Corallo. «Tu mi devi dare la tangente».

Il costruttore fu portato all’incontro con Michele D’Auria da un soggetto abitualmente in contatto con i due fratelli, un imprenditore dell’ortofrutta senza precedenti penali. Uno pulito, che però portò l’amico Persico “in bocca ai leoni”. I fatti riportati sono numerosissimi. Un esempio sono i parcheggi. «Un affare da due milioni di euro – spiega Persico – aggiudicato da un’impresa di Napoli e poi subappaltata ad Elio Rainone, cognato di Gambino, con gestione affidata ai D’Auria».

I quali sostenevano Gambino al punto da esporsi pubblicamente, almeno per quanto riguarda Michele, che nel febbraio 2010 partecipò alla convention al Palazzurro, presenti Cosentino, Cirielli, Bottone, Paravia, e tanti pregiudicati, capitanati da Michele Petrosino per fare bella figura.

«Lui forzava tantissimo per gli operai del Consorzio di Bacino, che si doveva votare Gambino». Fu lui ad attivarsi per ripulire il Palazzurro per ospitare il gotha della politica campana, a benedire il percorso di Gambino verso la regione.

Alfonso T. Guerritore

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