Per la morte del camionista spuntano nuovi elementi 

Due particolari investigativi rimettono in discussione le indagini sull’incidente Il corpo di Senatore non era maciullato e il casco era nell’auto della guardia giurata

La polizia presenta nuovi elementi per ricostruire la dinamica della morte del quarantatreenne camionista salernitano Fabrizio Senatore, a favore della tesi dell’omicidio. Il giudice per le indagini preliminari, Alfonso Scermino, aveva rimesso in libertà per carenza dei gravi indizi di colpevolezza la guardia giurata Domenico Senatore di Nocera Superiore, fermato per l’omicidio dello stalker salernitano. Il magistrato aveva sottolineato che mancava una ricostruzione di quanto accaduto la notte di domenica otto aprile scorso in via Fiuminale a Nocera Inferiore, dove morì Fabrizio, pur ritenendo «obiettivamente anomalo» l’incidente.
In base agli elementi che erano stati raccolti ad aprile, il giudice per le indagini preliminari ritenne più plausibile la tesi che vedeva Domenico Senatore vittima di un agguato finito male, suffragato dalla testimonianza di A. C., amico e concittadino della vittima, considerato, però, reticente. A. C. aveva raccontato in particolare che l’otto aprile scorso era in sella a uno scooter con Fabrizio e pedinavano la Fiat Brava di Domenico, che accompagnava a casa Mena S. (ex compagna del camionista che la stalkerizzava). Lasciata la donna, Domenico ripartì e poco dopo fu fermato da Fabrizio che avrebbe avuto il casco in testa. Il testimone avrebbe visto la portiera lato guida aperta e la Fiat Brava che faceva marcia indietro finendo contro un muro e un cancello, procedendo con lo sportello aperto. A. C. non avrebbe più visto la sagoma di Fabrizio. Impaurito, sarebbe scappato senza vedere altro.
Dopo aver lasciato Mena S. a casa, Domenico sostiene di essere ripartito e poco dopo avrebbe visto due persone a terra: ritenendo che si trattasse di vittime di un incidente, avrebbe chiesto se avessero avuto bisogno di aiuto, ma a quel punto Fabrizio avrebbe aperto la porta con fare aggressivo, mettendo le mani sul volante e facendogli perdere il controllo della vettura. Particolari che hanno portato il gip a ritenere che i due salernitani avessero teso un agguato per costringere Domenico Senatore a fermarsi.
I nuovi elementi sono stati evidenziati dai poliziotti del commissariato nocerino, diretti dal vicequestore Luigi Amato e dal commissario Attilio Iannone, nella nuova informativa alla procura della Repubblica. Due soprattutto i particolari che vengono messi in risalto dagli investigatori. Il primo: se fosse stato trascinato per alcuni metri nel fare retromarcia, il corpo di Fabrizio sarebbe stato maciullato e, invece, non lo era. Di conseguenza, secondo l’ipotesi degli investigatori, sarebbe più realistico che Fabrizio sia stato colpito mentre stava andando via, il che farebbe cadere l’ipotesi della legittima difesa per Domenico. Il secondo elemento: il casco della vittima è stato ritrovato all’interno della Fiat Brava. Secondo Domenico e A. C., Fabrizio indossava il copricapo protettivo, da qui il fare aggressivo del camionista e la reazione della guardia giurata. Una ricostruzione che non combacia però con il ritrovamento del casco all’interno della vettura: Fabrizio, quindi, era a volto scoperto? Se sì, sarebbe il secondo elemento a sfavore della tesi difensiva. La legittima difesa viene avanzata dalla guardia giurata e, va ricordato, la testimonianza di A. C., amico del defunto, sembra avvalorarla.
Salvatore De Napoli
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