Il sindaco Manlio Torquato

I TERRITORI

Per l'area vasta dell'Agro si parta dalla fusione tra le due Nocera

"Condivido l'analisi di Conte ma non credo sia il caso di utilizzare lo strumento dell'Unione dei Comuni pensato dal legislatore per i piccoli centri"

L’ex ministro Carmelo Conte ha aperto ieri, su “la Città”, un dibattito sulla necessità di inaugurare, per le aree vaste come l'Agro Nocerino Sarnese, un corso nuovo che tenga con­to delle moderne esigenze del­ le comunità. Il sindaco di Nocera Inferiore, avvocato Man­lio Torquato, interviene con tempestività sull’argomento per esprimere, ad un tempo, la sua condivisione e il suo dis­ senso sulle tesi di Conte. Sia­mo lieti di ospitarne lo scritto.

Leggendo l’articolo di Carmelo Conte sulla funzione che l’Agro no­cerino dovrebbe darsi come una, cito a memoria, “unità territoriale di destino”, pas­sando per lo strumento dell’Unione dei Comuni, ho ricordato una vecchia discus­ sione che ebbi a casa sua, con suo figlio Federico anche, qualche anno fa. Non eravamo del tutto d’accordo allora; non lo sono oggi. Non sugli obiettivi che, nella conclusione del suo in­tervento, individua. Su quelli sì, l’accordo è pieno. Ma su come arrivarci. Mi spiego. L’analisi che fa Conte è corretta. L’Agro è una delle quattro aree della pro­ vincia di Salerno che dovreb­be organizzarsi per essere competitiva nella sfida con­ temporanea dei territori: tra Napoli e Salerno, ma soprat­tutto dinanzi all’avanzare di grandi aggregazioni urbane su scala nazionale e continen­tale. Conte pensa ad uno stru­mento unitario, del tipo Unio­ne dei Comuni. Lo dice espressamente. Ma non tiene in conto la realtà di quasi un quarto di se­colo, dal 1995 ad oggi; cioè, le grandi difficoltà che una scel­ta di quel tipo produrrebbe. Veniamo fuori, nell’Agro, da anni di difficile gestione di un Piano di Zona, di un Patto Territoriale, che dovevano es­sere già da tempo, ben prima che una Unione dei Comuni, strumenti di una comune strategia dell’Agro. Sono invece miseramente fallite entrambe, con seri disa­gi finanziari, fino al punto che il Piano di Zona è stato smem­brato e il Patto è in liquidazio­ne. Perché? Perché fuori da ra­gioni “spicce”: cattiva gestio­ne finanziaria, utilizzo degli stessi come strapuntini politi­ci da parte di tutti gii schieramenti, assunzioni pletoriche, improvvisazione; hanno fatto i conti con una difficoltà di “regia politica” che negli an­ni, sia i Comuni sia la Provin­cia, hanno dimostrato di non poterfare. Per incapacità? No. Ma per­ ché non credo che i processi “federativi”, che mettano in­ sieme più volontà di più Enti, possano funzionare in modo paritario, “dal basso”, come si dice oggi. È la storia che ce lo insegna: nessun processo di aggrega­zione, senza una leadership di regia unitaria, ha mai fun­zionato. Dalla Grecia antica agli Stati Uniti, che furono fe­derati al prezzo di una guerra civile che vide vittoriosa una parte, all’Europa attuale che in assenza di una regia politi­ca forte, rischia di saltare in più pezzi.

Quello che manca all’Agro nocerino, fatti i debiti parago­ni, è proprio questo. Ho sempre creduto e credo tuttora che questa regia politi­ca, che porti alla unitarietà e alla crescita del nostro territo­rio, debba passare non per una generica volontà del “mettiamoci insieme”, né per uno strumento come l’Unione dei Comuni, pensato dal legislatore per i piccoli Comu­ni, ma dalla capacità di un ful­cro più forte di aggregare in­ torno a sé l’intero territorio. E questo fulcro più forte non abbiamo bisogno di in­ ventarcelo, perché è scritto nella storia di cinque secoli. È la Nocera de’ Pagani, oggi di­remmo Nocera unita, un bari­centro tra Napoli e Salerno, una città di 80mila abitanti tra Napoli e Salerno. Forte per l’intero Agro. La fusione tra le due Noce­ra a partire dalla quale l’inte­ro Agro nocerino potrebbe co­struire un rilancio di identità e destino con tutti i comuni che ne fanno parte. Diversamente temo, pur condividendo l’analisi di Con­te, ce ne andremo o per vellei­ tarismi macro territoriali o per accordi di programma puntuali (pur necessari), ma senza aver nessun punto di forza su cui costruire una stra­tegia duratura.