«Pd nelle mani di incapaci Coi voti hanno sballato»

L’ex sindaco di Salerno, Mario De Biase, analizza le ultime vicende «La scelta di puntare su Renzi? È prevalsa la logica del “muoia Sansone...”»

SALERNO. È un Mario De Biase decisamente loquace quello che invitiamo a commentare la giornata più nera dell’amministrazione di Vincenzo De Luca. Nello stesso giorno gli avvisi di garanzia per il Crescent e il partito che diventa “caso nazionale” finendo non solo sotto i riflettori degli organismi dirigenti del Partito democratico, ma anche sotto la lente d’ingrandimento della procura antimafia di Salerno. Un doppio colpo che rende mina alla base il lavoro di anni. Dalla trincea di Giugliano, in quella “Terra dei fuochi” dove lo ha condotto l’impegno politico, De Biase è critico: «Oggi i partiti non esistono più, non esistono più quelli come li indendevo io: luoghi sacri».

De Biase che cosa è successo?

«Qui si sono perse le regole basilari di una organizzazione. Siamo in mano a neofiti. Questi sono degli arruffoni».

In che senso?

«Quando uno fa le cose così eclatanti, sballando come al “Sette e mezzo”, è chiaro che finisce sotto i riflettori. Qui non è una questione di percentuali, che pure sono eclatanti. Il problema vero sono i valori assoluti. Bisogna considerare il numero dei votanti. Io non ho fatto i conti, perché non ho tempo, ma in valore assoluto il dato di Salerno sballa totalmente le percentuali nazionali tra Renzi e Cuperlo. Credo, ad occhio, che ci siano circa diecimila votanti. Ora se lei leva già la metà di questi voti andati a Renzi, i due candidati pareggiano».

Addirittura Salerno ago della bilancia?

«È il dato che ha drogato totalmente il voto di Renzi. Tra l’altro in una competizione che non sono le primarie. Questa è tutta una conta interna agli iscritti, non ai militanti e ai votanti. Giustamente in nessuna parte di Italia sono andate a votare così tante persone».

E lei che idea si è fatto?

«Di una cosa costruita a tavolino e costruita malissimo».

Perché farlo?

«Perché stiamo in mano agli incompetenti»

Salerno però è l’unica provincia che non ha aumentato le tessere?

«Non è questione di tessere che aumentano o diminuiscono ma di persone che figurano tra i votanti e che potrebbero non essere andate a votare».

Cosa accadrà ora?

«Dopo la rassegna stampa di oggi (ieri per chi legge, ndr) credo che s’imporrà qualche decisione. Ma questo non spetta a me dirlo».

Se domani (oggi per chi legge, ndr) il partito dovesse sospendere il dato di Salerno?

«Anche in questo non partito, credo che sia doveroso se vogliono provare a salvare la faccia».

Perché De Luca ha puntato su Renzi?

«La mia idea, dall’esterno, è che è prevalsa la logica del “muoia Sansone e tutti i filistei”. Si distrugga tutto e poi si vedrà»

Sul carro di Renzi è salito anche Bassolino. Se l’obiettivo di De Luca è Napoli, la Regione, sarà nuovamente scontro.

«Non so quali sono gli obiettivi. Certo Bassolino è stato riabilitato sul piano giudiziario ma il dato politico resta. La vicenda rifiuti, quella penale, mi fa molto piacere di come si sia conclusa ma il piano politico resta inalterato. Ma stiamo parlando di persone, come del resto anche io, figlie del secolo scorso. Bisognerebbe guardare ai figli di questo secolo».

A Salerno più che figli di questo secolo ci sono i figli dei figli...

«Io la chiamo: degenerazione dinastica. Ho combattuto una vita non solo contro le clientele ma anche le dinastie»

Lei da ex sindaco, oggi come guarda Salerno?

«Alle volte con rabbia altre con un po’ di mestizia».

Lei si sente “rottamato”?

«Assolutamente no. Io mi sono immolato e ho tenuto fede ad una parola ed un principio di lealtà prima di tutto verso questa città, poi verso i gruppi dirigenti con cui lavoravo. Ho ritenuto di non prendere alcuna patente di transfugo e di portare fino all’ultimo minuto utile possibile il mandato ricevuto che, tra luci e ombre, credo di averlo fatto al meglio delle mie capacità. E dal giorno dopo mandare tutti a quel paese».

Era la sera del 13 giugno.

«Mi è bastato quell’applauso in piazza Amendola quando sono sceso dal Comune. Ed oggi quando giro per la città, non in periodo di lampadine, essere fermato e salutato con stima dalla gente. È una bella soddisfazione».

Immagina mai un ritorno alla politica?

«Il lavoro che sto facendo a Giugliano, per quanto mi riguarda, è il massimo dell’impegno politico. Se per politica poi lei intende impegnarsi di nuovo in città, questo al momento non è nei miei pensieri. Poi io non mi sono mai autoproposto, sono stato sempre partecipe di una decisione comune che sia essa presa in un partito o in un gruppo dirigente. Il personalismo spinto ed estremo della politica attuale è quello che io non digerisco».

Il sindaco De Luca poteva decadere.

«Attenzione, farsi decadere! È diverso...».

Insomma aveva la possibilità di rifare il sindaco. Secondo lei quale potrà essere il suo destino?

«Guardi per le persone arriva il momento di godersi un po’ la vita. E visto che tra l’altro si ha la fortuna di avere le pensioni, consiglio di godersi un po’ il mondo e non fermarsi alla curva dell’Olivieri. Vada a vederla un po’ di questa Europa di cui parla spesso».

De Biase lei parla come un “Figlio delle chiancarelle”.

«No per carità, mi sono simpatici, ma non è così».

Ritorniamo a parlare di politica. D’Alema dice a De Luca che è un “capobastone”. Mi verrebbe da dire: da che pulpito viene la predica?

«Io ritengo Massimo D’Alema un grande, sarà pure antipatico ma è uno che sa fare la politica. Ovviamente nel merito gli andrebbe detto: ci fa piacere della qualifica che oggi dà a De Luca di “capobastone”, ma per anni è stato anche un “capobastone” a servizio loro, quindi mi sembra quantomeno inopportuno».

Lei è nella trincea di Giugliano, in quella maledetta “Terra dei fuochi”. Cosa deve fare il governo per rendere il vostro lavoro ancora più efficace?

«La direzione è quella giusta, ma c’è ancora tanto da fare. Ora bisogna assolutamente bloccare quelle imprese che hanno contribuito a questo disastro, di partecipare alla bonifica. Questo è il tema vero».

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