Patto Villani-Della Monica: così Alvi sarebbe diventata Despar

Emergono nuovi particolari dopo l’arresto dell’ex proprietario della Despar. I rapporti tra gli imprenditori svelati dall’indagine della Finanza

• Il crac del gruppo Alvi ha oggi almeno quattro dati «processualmente certi». Punto primo: la Sannio Discount è totalmente riconducibile alla famiglia Villani. Così come lo è Alpa, la societá, con appena 3mila euro di capitale versato, quella - si disse - che avrebbe salvato il destino di lavoratori e punti vendita. Ad amministrarle - ed è il terzo dato processualmente acquisito - era nei fatti l’ex presidente della Provincia diSalerno Angelo Villani. Il quarto dato è logicamente consequenziale: se Alpa era Alvi, il fitto dei rami d’azienda è solo fittizio. C’è un piano ben preciso. Salvare i punti vendita, perché con la «serranda aperta» valgono di più, e spostare le risorse ad altri soggetti "amici". Così facendo, i creditori della societá depauperata mai avrebbero potuto rivalersi di quanto dovuto. Ma il disegno criminoso aveva necessariamente bisogno, fin dalla sua ideazione, del coinvolgimento di qualcuno che consentisse l’alzata di quelle "serrande". L’ultimo tassello, il «terzo vertice del triangolo delinquenziale», quello che ha «garantito la concreta possibilitá di riuscita del piano criminoso», è Antonio Della Monica, ex patron di Cavamarket, pur’essa fallita con sentenza del 5 luglio scorso.

• Le 47 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare del gip Vincenzo Pellegrino - che impone anche a quest’ultimo gli arresti domiciliari - sono una sorta di ricostruzione storica del fallimento di uno dei più grandi gruppi della distribuzione organizzata del Mezzogiorno. Il giudice deve analizzare, e per questo in parte limita il suo raggio d’azione, al solo fallimento della Sannio Discount e al simulato fitto di sei punti vendita del beneventano. Ma è chiaro, e lo si scrive a chiare lettere nelle carte, che i quattro punti «processualmente dimostrati» valgono per tutti i 62 punti vendita che dall’Alvi sono transitati all’Alpa e che Della Monica ormai era entrato a pieno titolo nel gioco. Perché è lui a fornire all’Alpa, societá senza sede, attrezzature ed esperienza, che usa invece software, modelli organizzativi e di gestione di Cavamarket, nonché la sua merce. La contropartita è un articolato contratto di "opzione" («non sottoscritto verosimilmente solo per «l’aggravarsi della crisi finanziaria e l’avvio della procedura prefallimentare per l’Alvi», fa notare il gip), nel quale si specificava la volontá delle parti di arrivare a un’affiliazione, con la possibilitá di Alpa di utilizzare i marchi Despar, Eurospar e Interspar. Della Monica, inoltre, avrebbe avuto la facoltá di esercitare, nel termine di cinque anni, il diritto di opzione di acquisto per una quota pari al 50 per cento del capitale sociale.

• Della Monica e i Villani, insomma, erano sostanzialmente soci in affari. Giá nell’agosto del 2009 - nel corso del loro primo incontro - lo scopo immediato dei Villani era trovare soci disposti a rifornire i punti vendita da salvare e sottrarre al possibile fallimento. Il contratto alla fine non verrá mai firmato, ma per il giudice si tratta di un particolare ininfluente, «poiché quell’accordo ha avuto certamente esecuzione materiale con la fornitura all’Alpa delle merci e della piattaforma e del know-how di Cavamarket».

• Un’intesa, non solo contrattuale, «ma anche criminale tra le parti sostanziali dell’operazione»: da un lato Della Monica, dall’altro Angelo e Antonia Villani. Tutti però avevano bisogno della collaborazione di un terzo, cioè della parte formale di Bartolomeo Pagano e dell’Alpa. Così parte il piano., senza tralasciare alcun dettaglio potenzialmente compromettente. Si cambia perfino l’amministratore legale di Alpa: Pagano (socio al 40 per cento di Alpa) fa "carriera", perché, indubbiamente, la firma del socio di maggioranza Vittorio Aliberti in calce ai contratti di fitto poteva francamente destare qualche sospetto, visto che era stato fino a tre mesi prima segretario particolare di Villani.
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