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Pastore con l’odore delle pecore Don Pietro lascia il Volto Santo

Pubblichiamo un intervento di Pino Clemente, già collaboratore del settimanale cattolico Agire, per salutare don Pietro Mari, che lascia la guida della chiesa del Volto Santo. di PINO CLEMENTE Sta...

Pubblichiamo un intervento di Pino Clemente, già collaboratore del settimanale cattolico Agire, per salutare don Pietro Mari, che lascia la guida della chiesa del Volto Santo.

di PINO CLEMENTE

Sta per lasciare la sua comunità parrocchiale del Volto Santo, a Salerno, uno dei parroci che certamente ha molto segnato in positivo la sua permanenza in quella che è stata la sua parrocchia per quasi mezzo secolo. Pastore con l’“odore delle pecore”, don Pietro Mari ha certamente svolto con evangelico onore la sua alta missione di pastore d’anime a contatto quotidiano con la sua gente. Con i bisogni e le necessità non solo spirituali di quanti a lui si sono sempre rivolti alla ricerca di un aiuto, un illuminato consiglio, una parola buona.

E don Pietro si è sempre prodigato e reso disponibile ad ascoltare tutti, ad accoglierli con carità fraterna e pastorale sollecitudine, rappresentante in questo di una Chiesa “ospedale da campo” in mezzo alle difficoltà e alle traversie di una vita non sempre rispondente alle attese e alle speranze.

Tutta la sua pastorale è stata improntata al senso della prossimità, di un’accoglienza aperta a tutti, dal respiro evangelico.

Le sue omelie ne sono la testimonianza più coinvolgente ed esaltante. La Parola di Dio ha sempre trovato in esse una resa ottimale, suffragata dall’apporto dei tanti riferimenti sapienziali e culturali che ne hanno sempre arricchito i contenuti, presentati sempre in modo geniale a seconda della levatura media dell’uditorio.

E se alla messa “per i bambini” il ricorso d’obbligo è sempre stato all’aneddotica, all’inventiva, che spesso ha trovato nella drammatizzazione la sua più coinvolgente cifra espressiva, alla messa per gli adulti il registro è sempre stato quello di un’accorata, intelligente esposizione che, come nel caso delle liturgie per i defunti, riusciva a commuovere toccando profondamente la sfera emozionale della gente. Caratteristica di fondo che ha sempre reso le celebrazioni, per quanto lunghe, piacevoli e seguite, è stata poi l’emergere occasionale della vena scherzosa e perciò stesso accattivante, la ciliegina sulla torta volta per così dire ad alleggerire la ipotetica supposta seriosità di certi momenti.

Ma don Pietro, uomo della Parola proclamata e spiegata, è stato anche uomo di penna, nell’affrontare le varie questioni di attualità che via via si sono presentate nel corso degli anni e, comunque, nell’approfondire i temi delle sue omelie.

In particolare, al riguardo, con le “Lettere alla Comunità” si è intessuto e mantenuto vivo un rapporto che è andato ben oltre gli incontri strettamente liturgici. Come è stato per le ultime in ordine di tempo, il “testamento” spirituale di un prete che rimette, comunque, il suo mandato nelle mani del suo vescovo.

Uomo d’azione, sono altrettanto numerose le iniziative messe in campo che hanno accompagnato, nel corso degli anni, la proposta di un Cristianesimo genuino che nelle “opere di misericordia” ha il suo fulcro più caratterizzante ed essenziale, la sua misura più qualificante. Sistematicamente è stato questo il risvolto martellante di tutte le sue omelie, anche quando il tema proposto dalle Scritture poteva essere svolto in altre direzioni. È stato così che il percorso di una pastorale da sempre perseguita si è venuto a trovare, come per una profetica disposizione, in linea con quella che oggi caratterizza la sensibilità della Chiesa voluta da Papa Francesco.

Grazie, don Pietro, per averci trasmesso l’essenza del Cristianesimo: “Ama il prossimo tuo”. È la sostanza di quella “civiltà dell’amore” che tarda ad affermarsi in un mondo per tanti versi disumano. E perciò senza pace.