Paparo, pittore di fiducia dei frati francescani

I dipinti realizzati a Padula, Polla ed Eboli devono essere letti come il prodotto di un’unica “regia” religiosa e artistica

EBOLI. Gli affreschi venuti alla luce nel chiostro dell’ex Convento di Sant’Antonio, o della SS. Trinità, in Eboli, ora sede del MOA, Museo dedicato allo sbarco alleato del 1943, risalgono circa alla fine del nono decennio del XVI secolo o ai primi anni del secolo successivo. Si riferiscono alla quinta, alla sesta, alla settima e all’ottava lunetta a partire dall’ingresso. Furono liberati dallo strato di scialbo che li occultava da Umberto Biancamano e Diana Naponiello e sono in stretta relazione, stilistico-iconografica con analoghi dipinti nel chiostro del Convento di Sant’Antonio a Polla.

Anche nel chiostro del Convento di San Francesco a Padula vi sono affreschi, firmati, del pittore Ottavio Paparo di Eboli, risalenti al 1594. Ciò mi ha permesso di mettere in relazione gli affreschi di Padula e Polla con quelli emersi a Eboli: possono ascriversi tutti alla mano del Paparo. Fu mia la prima ipotesi stilistico-attributiva, del gennaio 2002. Ma non dimentichiamo che in rapporto agli affreschi nelle lunette dei chiostri francescani di Padula e di Polla e su Ottavio Paparo hanno scritto Domenico Marcigliano e Rosario Pinto.

L’artista è citato in documenti d’archivio del 1576 e 1594. Ottavio è figlio di Giovanni Nicola e nipote di Polidoro Paparo, impresario edile ebolitano, che fu anche artista di un certo valore, sebbene di lui non ci siano pervenuti documenti artistici. Polidoro Paparo risulta vivente nel 1528 e nel 1574, come ci informa lo storico Giuseppe Barra.

Le lunette del chiostro di Sant’Antonio in Polla e quelle dell’omonimo chiostro ebolitano presentano affinità sia per i temi religiosi trattati (“S. Francesco in preghiera davanti al Crocefisso di San Damiano”; “S. Francesco che vuole donare soldi al prete della Chiesa di San Damiano”; “S. Francesco salvato dalle ire del padre dalla madre”; “S. Francesco che rinuncia ai beni davanti a Guido, vescovo di Assisi”, ecc.) sia per il linguaggio iconografico e stilistico dell’artista e per le soluzioni spaziali adottate quali, ad esempio, la bipartizione di alcune lunette che separano, come in una sequenza “fotografica”, alcuni episodi della “Vita di San Francesco di Assisi”.

Un fregio continuo, con medaglioni raffiguranti Santi e Sante francescani, è presente alla base delle lunette di Polla, come pure ad Eboli. Ci troviamo di fronte allo stesso artista, anche se a Polla alcune lunette presentano evidenti ridipinture che hanno in parte falsato e occultato i modi coloristici del Paparo. Ma l’impianto iconografico generale è comune agli affreschi dei due conventi, appartenenti all’Ordine dei Frati Minori Osservanti. Le pitture murali dei chiostri francescani di Padula, Polla ed Eboli sono un tassello significativo per ricostruire la vicenda storico-artistica tra il Vallo di Diano e la Piana del Sele tra fine Cinquecento e inizi Seicento, in rapporto sia con la Basilicata che con Napoli.

Ottavio Paparo, modesto pittore, è sufficientemente inserito nel contesto figurativo della propria epoca. Le sue pitture murali sono “devozionali” e s’innestano nell’alveo del Concilio di Trento e delle disposizioni riguardanti anche l’uso didattico e devozionale delle immagini. La presenza dei conventi francescani di Polla, Padula e di Eboli, si inserisce in un circuito religioso sicuramente improntato dalla spiritualità tridentina. I cicli pittorici di Padula, Polla ed Eboli devono essere letti come il prodotto di un’unica “regia” religiosa e un unico pittore di “fiducia” dei frati francescani.

Gerardo Pecci

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