il post della figlia 

«Papà stava male da 20 giorni ma non è stato affatto curato»

Chiedono giustizia i familiari di Aniello Bruno, il detenuto morto nella notte della domenica di Pasqua in una cella del carcere di Salerno. A parlare è la figlia Imma, che ieri sul suo profilo...

Chiedono giustizia i familiari di Aniello Bruno, il detenuto morto nella notte della domenica di Pasqua in una cella del carcere di Salerno. A parlare è la figlia Imma, che ieri sul suo profilo Facebook ha postato un video realizzato un anno fa per ricordare che legava l’uomo di Angri alla sua famiglia. Non sono mancati nemmeno i messaggi d’affetto dei tanti che nell’Agro nocerino sarnese conoscono la famiglia Bruno.
«Mio padre, prima di tutto, non era dentro per quelle rapine, poiché le pene per quei reati le aveva già scontate. Era in carcere per un incontro con una persona nota alle forze dell’ordine che era tenuta sotto controllo con il microchip e mio padre, usufruendo del regime di semilibertà, non poteva avere incontri del genere», ha spiegato.
Poi la denuncia, dove racconta le ultime ore di vita del genitore. «Voglio spiegare che mio padre è stato male per ben 20 giorni con dei controlli mal fatti e una visita in ospedale fatta solo venerdì. Poi è stato rimandato in carcere con la diagnosi d’infezione intestinale». L’ultima persona che Aniello Bruno ha incontrato è stata la moglie e anche qui la figlia Imma vuole vederci chiaro.
«Nella giornata di Sabato Santo mia madre ha fatto il colloquio è l’ha visto deperito. Aveva perso 18 chilogrammi e mia madre voleva informazioni, ma nessuno ha voluto darle spiegazioni alla casa circondariale di Fuorni. Poi, la domenica di Pasqua, alle 5.40, con una chiamata dal carcere abbiamo saputo che mio padre era morto».
E proprio dalle parole dei medici del “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” è partita la ricerca di verità sul decesso di Bruno. «Ci siamo recati in ospedale a Salerno e il chirurgo ci ha comunicato che ha avuto un lungo intervento e hanno trovato l’intestino perforato», ha spiegato la figlia dell’uomo di Angri. «Personalmente ho posto una domanda al chirurgo e ho chiesto se l’intestino si può perforare in un giorno. Il medico mi ha risposto che questo non può succedere. Ecco perché sono dell’idea che mio padre è stato curato male al carcere di Salerno e non ha avuto una diagnosi immediata per essere salvato. Noi figli non abbiamo avuto modo di salutare il nostro papà e questo non è giusto assolutamente. Lui resterà il mio amore indelebile. Vogliamo la verità su quanto accaduto. Pretendiamo giustizia. Non si può morire così. È tutto assurdo».
Domenico Gramazio
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